“Che cosa mi motiva a stare lì? La conoscenza che ricevo ogni giorno di persone che vivono un’esperienza di vita così emotivamente turbolenta. Attraverso loro riesco ad arricchirmi e a sentirmi una persona più umana”. Un umanità che permette a Vanna Galli di dedicare, in ogni giorno della sua vita, il proprio tempo e la propria fatica per dare la più dignitosa esistenza possibile ai malati terminali. Insieme a lei ci sono oltre 20 componenti di una squadra di medici, operatori socio-sanitari, psicologi ed infermieri impegnati, con l’assistenza domiciliare o negli hospices, a lenire le sofferenze dei propri pazienti fino alla fine. Loro fanno parte della onlus QuaVio.
“Siamo nati nel 1990 sull’onda di un messaggio forte di quegli anni – spiega Vanna, che della QuaVio è attuale presidente-: ‘ Non abbandonare i malati di tumore alle loro famiglie’. Si stava diffondendo un movimento dal Nord Italia, era il primo delle cure palliative. A Siena l’oncologo dottor Mirco Bindi aderì a questo gruppo e fondò la nostra associazione. QuaVio vuole dire qualità della vita in oncologia. Il paziente non doveva essere abbondato: bisognava prendersi cura, nel momento che il cancro diventa inguaribile, della persona. Dentro questa associazione mi ci sono trovata un po’ per caso. Prima iniziai a collaborare perché mi serviva per formarmi nel mio corso in tanatoterapia negli anni’90, poi sono tornata nel 2004 perché dovevo concludere la tesi per un altro percorso formativo”.
Secondo la definizione data dall’Organizzazione mondiale della Sanità le cure palliative si occupano dell’assistenza ai malati terminali, quelli che non rispondono più ad alcuna terapia. Un aiuto dato a chi vive il momento più traumatico della propria vita, non è un caso infatti che il simbolo di questi trattamenti sia proprio il pallium, il mantello che San Martino dona al bisognoso, coprendolo dal freddo. Così la QuaVio dona ogni tipo di attenzione a chi deve essere curato sotto ogni punto di vista, non solo quello della specifica malattia. Così si è creato quel forte legame umano ed emotivo che lega i volontari della onlus ai pazienti e alle loro famiglie, un legame che a volte mette a dura prova, visto le gravi condizioni degli assistiti.
“Trenta e vent’anni fa però eravamo molti di più. La Asl non mandava i propri infermieri e noi avevamo una funzione suppletiva dell’azienda. Ora siamo diminuiti, facciamo prevalentemente un lavoro psico-sociale e di ascolto molto particolare- .E’un’esperienza che dà molto alle famiglie, ai pazienti ma anche ai volontari, è una continua crescita personale. Siamo testimoni di un grande dolore che all’inizio è angosciante, si vede solo il morire – afferma Vanna Galli-. Se non fuggiamo da questo dolore, ma ci stiamo insieme e lo elaboriamo, prendiamo coscienza del vero senso della vita e le si dà più valore, capiamo che cosa è la vita e come la possiamo vivere”.
Di risultati QuaVio ne ha ottenuti in questi trent’anni, basterebbe pensare solamente al recente progetto Mai Soli che ha permesso di rendere possibile una presa in carico domiciliare di 24 ore di molti ospiti dell’Unità di cure palliative dell’Asl Sud Est.”La cosa più bella però è vedere i familiari dei malati che riconoscono la nostra vicinanza ai loro cari. A distanza di venti- venticinque anni ancora ricordano la luce che il nostro gruppo ha portato in un momento buio del loro vissuto – conclude Vanna-. Ci siamo dati molto da fare per rendere nota a tutti questa concezione del fine vita ed ora credo che stia passando il significato dell’importanza delle cure palliative. Ancora c’è molto da fare, dobbiamo andare avanti con il nostro lavoro, con gli incontri, con la collaborazione con le istituzione sanitaria”.
Marco Crimi