Secondo arresto da parte dei carabinieri per la rapina al caveau Securpol in Pian dell’Olmino, Colle Val d’Elsa, avvenuta lo scorso aprile.
Le indagini, da parte dei carabinieri, non si sono mai fermate. I militari, coordinati dal Procuratore Salvatore Vitello e dal Pubblico Ministero Aldo Natalini, hanno proseguito nello sviluppo di tutti gli indizi lasciati dal commando di rapinatori prima, durante e dopo un evento criminoso gravissimo ed assolutamente insolito per la tranquilla provincia di Siena. Ogni tipo di accertamento tecnico è stato eseguito e si raccolgono i frutti di un’attività intensa che si è sviluppata senza soluzioni di continuità negli ultimi dieci mesi.
Facciamo un passo indietro per ricostruire i fatti: nella notte del 2 aprile 2016 un manipolo di una ventina di malfattori (diciotto, per la precisione), armati di pistole e kalashnikov, giunti a bordo di quattro macchine rubate e al seguito di un colossale escavatore proveniente dai campi limitrofi, circondavano il caveau della Securpol in località Pian dell’Olmino di Colle di Val D’elsa. Un secondo gruppo di malviventi aveva pochi minuti prima abbattuto degli alberi per bloccare le sei possibili strade di accesso a quell’area, in maniera da impedire l’arrivo dei Carabinieri. Ripresi dalle telecamere di video sorveglianza dell’istituto assaltato, i rapinatori avevano osservato l’opera dell’escavatore che andava a sfondare il tetto dell’immobile, all’interno del quale si trovava la camera blindata ove venivano custoditi in quel momento dodici milioni di euro. Per un errore di valutazione il caveau veniva mancato sia pur di poco e non potevano essere rispettati i tempi previsti. Nel frattempo un terrorizzato operatore della Securpol, dagli uffici circondati dai malviventi, aveva lanciato l’allarme ai centralini delle forze dell’Ordine. Diverse auto dei Carabinieri avevano circondato il luogo del crimine e avevano scoperto i blocchi stradali imposti dai criminali. Ad un certo punto gli osservatori avevano lanciato l’allarme per l’arrivo dei militari e le telecamere di sorveglianza dell’obbiettivo avevano immortalato i rapinatori agitarsi all’ascolto delle loro radio ricetrasmittenti. Erano scappati tutti in rapida successione, un istante dopo essere riusciti a sfondare il tetto del caveau, portando dietro soltanto poche centinaia di euro in monete, raccolte negli uffici esterni alla camera blindata. La fuga dei malfattori era apparsa concitata, essi avevano lasciato le loro auto su uno sterrato a due km di distanza dal caveau e erano montati su due furgoni. Tutti gli automezzi verranno poi rinvenuti dai Carabinieri.
In rapida successione, i fuggitivi avevano ingaggiato due conflitti a fuoco coi militari dell’Arma di due diverse pattuglie intervenute, in due vicine località, sparando in entrambi i casi ad altezza d’uomo. Solo per un fortunato caso non si erano dovute contare delle vittime. Per questi motivi la Procura di Siena contesta oltre alla rapina a mano armata, al porto di armi da guerra, anche il tentato omicidio. Particolarmente attento e puntuale è stato il repertamento di tracce, non solo biologiche, sugli automezzi rinvenuti. Non avendo potuto rispettare i tempi programmati per la fuga, a causa del tempestivo arrivo delle gazzelle dell’Arma, i rapinatori avevano dovuto lasciare molte tracce che venivano accuratamente e pazientemente raccolte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Siena, le conseguenti analisi sono state affidate al RIS di Roma e tuttora proseguono.
Nel frattempo le accurate e parallele indagini, svolte con metodi tradizionali, avevano condotto gli investigatori su una pista pugliese, in particolare cerignolana, sulla scia di casi analoghi verificatosi in alcune località del territorio nazionale. Si sospetta naturalmente la presenza di basisti in Toscana, la cui identità è in corso di accertamento. La prova del DNA ha consentito di identificare dapprima uno degli autori in C.M., pregiudicato quarantenne di Cerignola. Nei suoi confronti era stato emesso e eseguito un primo decreto di fermo. Ora un secondo soggetto è finito in carcere: C.F., trentanovenne di Andria (FG), nei cui confronti il PM Natalini ha emesso un decreto di fermo. Ma i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Siena, sotto la direzione del Colonnello Giorgio Manca – comandante provinciale – dispongono oggi di molti elementi investigativi (tra cui codici genetici e impronte digitali) e confidano pertanto di individuare quanto prima ulteriori complici dei reati.