Sale il prezzo del pane in tutta la Toscana, ma la provincia dove rimane meno “salato” è proprio la nostra, quella di Siena. Questo quanto emerge dall’analisi di Coldiretti Toscana, grazie alle rilevazioni di Istat ed Osservatorio dei prezzi del Mise. La classica pagnotta da un chilo, infatti, “a Firenze costa mediamente 3,54 – informa Coldiretti – con un aumento del 17% rispetto all’inizio dell’anno e con punte fino a 7 euro, a Livorno si viaggia intorno ai 3,3 euro (+3%), un po’ meno ad Arezzo, 3,05 euro, dove però si registra un incremento del 13%”. A Siena, invece il prezzo è di “solo” 2,68 euro per un chilo.
Contingenza, quella dell’aumento del prezzo, legata a doppio filo con la grave situazione che tutta l’economia mondiale sta vivendo, a causa degli strascichi della crisi legata alla pandemia, ma soprattutto per la guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina. Una crisi che comunque colpisce l’intero comparto agroalimentare, partendo da chi produce il grano fino a chi compra il filo di pane nei forni. Una situazione che proprio non va giù agli agricoltori, come spiega Niccolò Guasconi, titolare della società Fratelli Guasconi di Villamena e associato Coldiretti Siena: “Noi siamo il primo anello della filiera e siamo anche quelli che ci rimettono di più”. “Di questo passo – prosegue – non so quanto si possa andare avanti: ogni anno speriamo in un cambiamento, ma sistematicamente le sementi costano di più e la situazione peggiora”.
“Per un giovane – aggiunge Guasconi – scegliere di iniziare questa attività è pressoché impossibile, tra i costi di un’azienda e quella di tutti i macchinari si tratta di un investimento assolutamente insostenibile. Per noi, invece, è diverso, la nostra azienda è alla terza generazione e scegliamo di stringere i denti e andare avanti proprio perché è una questione di famiglia: noi tra questi campi ci siamo cresciuti ma ormai il guadagno è ridotto all’osso”.
Guasconi prosegue poi parlando del 2022: “Al momento delle trebbiature il grano era al massimo livello, e noi agricoltori volevamo vendere il nostro grano per ottimizzare il nostro lavoro. Proprio in quel momento il governo ha sbloccato, per così dire, i grani dall’Ucraina, lasciano invece al palo il prodotto nazionale e rendendoci impossibile vendere il grano ad un prezzo equo a causa della speculazione”. “A volte sento dire – racconta – che la qualità del grano non influisce sulla qualità del prodotto, ma non è vero. Il nostro paese è da sempre votato alla qualità in questo campo, ma non possiamo competere con i prezzi che ci impone la grande industria: come può un chilo di pasta costare così poco?”
“Per sopravvivere – chiosa Niccolò Guasconi – ci siamo dovuti adattare alle necessità del mercato e riconvertire parti della nostra azienda ad agriturismo. In più abbiamo creato una nostra filiera, riuscendo così a diventare noi stessi venditori di pasta e pane di nostra produzione. Ma non è questa la risposta: una volta noi eravamo il settore primario ma oggi siamo stati abbandonati da tutti”.
Emanuele Giorgi