Il 13 marzo 1730, come avevano fatto anche il 12 e faranno il 14 marzo, venne tenuta alla venerazione dei senesi, sull’altare maggiore di San Domenico, la reliquia della testa di Santa Caterina. Questa esposizione venne ritenuta necessaria perché, dal mese di febbraio, in Siena, racconta Pecci nel suo ‘Giornale Sanese’, si era diffusa “una grande influenza di catarri e tossi, facilmente cagionata da venti settentrionali, che avevano nell’inverno dominato e per l’umidità delle frequenti pioggia, assegnonché da catarri si formavano pene di petto, e per questi malori molte persone d’ogne sesso e condizione morivano”.
Il Collegio di Balia, dunque, per “riparare a cotanto sinistri infortuni”, decisero di ricorrere all’aiuto divino e in accordo con l’Arcivescovo decisero di esporre la santa reliquia alla “venerazione della quale si portarono co’ loro popoli il parrochi tutti della città, distributivamente un Terzo per giorno, e col recitare per la strada il santissimo rosario”. E alla fine di marzo, continua il resoconto del Pecci “era per la città […] quasi cessata l’influenza e la mortalità, ma per il contado e per lo Stato infieriva più che mai, e copioso era il novero dei morti”.
Maura Martellucci
Roberto Cresti
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