Più ombre che luci si sono susseguite negli anni sul Santa Teresa. Un chiaroscuro dove l’oblio ha cadenzato la storia e il deterioramento di questo bene. Un piccolo, grande tesoro, che appartiene a tutta la città di Siena e non solo a coloro che sui documenti vengono definiti proprietari-amministratori.
Come sempre accade (la natura insegna) quando i rovi coprono fino a cancellarla la bellezza di qualcosa è poi difficile riportare alla luce i vecchi splendori e la sua originaria natura.
Forse oggi qualcosa sta cambiando con il nuovo cda recentemente nominato e chiamato a lavorare alla luce del sole per non far cadere su se stesso l’immobile e quanto in esso racchiuso. Il Santa Teresa è diventata dopo quasi 10 anni di carte bollate e atti notarili una Fondazione di natura privata. Una trasformazione decretata anche dalla Regione Toscana nel lontano 7 giugno 2010. Un percorso travagliato perché qualcuno per misteriosi motivi si era “dimenticato” della richiesta. E’ complessa, e a volte poco chiara, la storia dell’immobile ubicato in tutta la sua attuale decadenza nel centro storico di Siena. E’ il 4 novembre del 1914 quando monsignor Leopoldo Bufalini manifesta nel suo testamento la volontà di fondare un’ istituzione per i aiutare i fanciulli bisognosi e per curare i bambini. Nel 1920 con regio decreto nasce l’ospedalino infantile Santa Teresa. E’ un’Ipab e tale rimarrà fin quasi ai giorni nostri.
Da quel momento è un susseguirsi di eventi e di cambiamenti fino capovolgere in toto la natura primaria del Santa Teresa. Una volta decretata la Fondazione fu necessario redigere un nuovo statuto. E’ il 10 giugno del 2005 e l’allora consiglio di amministrazione (composto prevalentemente da persone in seno alla Curia) alla presenza di un notaio in meno di un’ora cristallizzò la sua “ossatura”. Un atto giuridico nel quale furono espressi i principi fondamentali e dove fu stabilito che il patrimonio tra l’immobile e i beni mobili in esso contenuti sfiorava i 10 milioni di euro. L’oblio torna sul Santa Teresa fino al 10 giugno 2015 quando l’allora consigliere comunale Eugenio Neri fa un’interrogazione e chiede chiarimenti su proprietà e destinazione del Santa Teresa. Le risposte avute non furono “soddisfacenti” come affermato dallo stesso Neri. In fin dei conti quattro anni prima (il 9 novembre 2011) l’Opera della Metropolitana aveva acquistato per tre milioni di euro una porzione dell’immobile e più precisamente la “Palazzina” . Una parte del ricavato della vendita (si legge testualmente nell’atto del notaio) andavano a ripianare i debiti e in parte avrebbero coperto il costo di un primo stralcio della ristrutturazione. Lavori, lo ricordiamo, mai completati.
Sono anni tormentati per il Santa Teresa e come se non bastasse il “Comitato cittadini sovrani e beni comuni di Siena “ attraverso un loro legale di fiducia fa un esposto (il 27 novembre 2014) al prefetto di Siena non convinto della bontà di quella vendita. Nel cda della Fondazione in quel momento non troviamo i rappresentanti di Comune e Provincia e “sfugge” anche l’identità del revisore dei conti. Arriviamo ai giorni nostri in cui finalmente l’amministrazione comunale di Siena (non ancora la Provincia) ha fatto le nomine e il consiglio di amministrazione è composto come da statuto ed esattamente dal cardinale Lojudice, don Giovanni Soldani, Giampaolo Gallù, dal professor Pierluigi Sassi, dagli avvocati Paolo Panzieri e Antonella Cottini, da Cristiana Turchi e Patrizia Sideri (revisore dei conti).
Quali obiettivi si prefigge l’attuale Cda? Possono essere fatte solo delle ipotesi. Sta lavorando ad una vendita del Santa Teresa? Se così fosse chi sarebbe disposto ad acquistare un immobile che vale milioni di euro e altrettanti ci vorrebbero per farlo tornare a vivere. Oppure il cda sta cercando nuove strade (quali?) per non buttare alle ortiche un bene e quanto in esso contenuto (immagini sacre, altari, dipinti, eccetera inventariati dalla Sovrintendenza nel 2004. Oggi dove sono? ) che deve essere gelosamente custodito perché è un pezzetto della storia di Siena e per questo deve essere fatto fronte comune per fermare il depauperamento.
Cecilia Marzotti
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