
A far scattare le indagini sono stati alcuni controlli condotti dalla Guardia di Finanza di Siena e dell’ufficio fiorentino dell’Agenzia delle Dogane in cinque benzinai della provincia. Ed è da qui che si è arrivati a ipotizzare la frode in commercio nei confronti del rappresentante legale di una società che gestisce un deposito commerciale di carburante nel Ternano. Sotto la lente delle fiamme gialle e dei funzionari delle Dogane era infatti finito il gasolio che due dei distributori controllati vendevano e che proveniva dallo stesso deposito. Il gasolio risultava essere non conforme alla normativa ed era altamente infiammabile. Ecco perché a inizio anno è stato eseguito un sequestro probatorio d’iniziativa di settantamila litri di gasolio, successivamente convalidato dall’autorità giudiziaria. E le successive indagini, si diceva, hanno permesso alla procura del tribunale di Terni di formulare le ipotesi. “Conformemente all’obiettivo del protocollo d’intesa di assicurare un livello di protezione efficace degli interessi finanziari unionali e nazionali nonché un livello elevato di protezione nei confronti delle minacce alla sicurezza dei consumatori, le attività ispettive svolte dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e le conseguenti indagini delegate hanno prevenuto l’immissione in commercio di una rilevante quantità di gasolio, con un punto di infiammabilità più basso rispetto al minimo normativo e, pertanto, idoneo a compromettere il funzionamento dei veicoli riforniti e ad esporre a rischio la sicurezza delle persone”, si legge in una nota. “Contrastare la diffusione di prodotti non conformi significa contribuire a garantire una protezione efficace dei consumatori e un mercato competitivo, nel quale gli imprenditori onesti operano in condizioni di sana concorrenza”, viene ricordato.