Siena di mille cose è piena – Il Castellaccio: nella Montagnola i resti di un’imponente fortezza infestata dai lupi mannari

Nel folto bosco della Montagnola senese ti appaiono davanti all’improvviso i resti di una fortificazione un tempo imponente oggi in rovina anche se fa intuire il suo glorioso passato. E’ il cosiddetto Castellaccio (il nome reale del sito è ancora sconosciuto).

Il toponimo Castellaccio fa pensare alla natura fortificata del luogo (appunto “castello”), ormai caduto in disuso. Allo stato delle ricerche non sono state rintracciate notizie e attualmente il Castellaccio è censito nel Sistema Informativo Territoriale di Casole d’Elsa come semplice “casa rurale sparsa”. Effettivamente, almeno dalla fine del Medioevo (tardo Quattrocento) il destino di molti castelli fu proprio questo: diventare abitazioni per contadini, i coloni appunto.

É questo il motivo principale che ha indirizzato la ricerca sul Castellaccio verso i principi dell’Archeologia dell’Architettura, grazie all’applicazione dei quali è stato possibile leggerne letteralmente gli aspetti architettonici, come un libro di pietra.

Oggi di quella struttura imponente, che si innalza sulla parte più elevata della collina, con doppia cinta muraria, articolata in alcune costruzioni distinte e affiancate: una grande torre a base rettangolare, a cui è addossata un’abitazione più recente (la casa definibile “colonica”). Tutt’intorno corrono ampi tratti di mura e muretti, che si spingono sia nel senso della pendenza del crinale, sia trasversalmente, dando vita ad una complessa rete di terrazzamenti posti su più livelli. L’accesso all’area di pertinenza del castello è garantito da un passaggio in terra battuta (nord) e da un arco che si apre nelle mura (sud-est). La struttura presenta due cinte murarie: la cinta sommitale, ovvero quella più a ridosso della torre, ha inglobato un tratto di muro molto particolare e notevole soprattutto per le angolature e per la dimensione dei blocchi che lo compongono.

Grazie all’analisi delle murature e delle fasi costruttive, per la torre può essere proposta una datazione attorno al 1200 (tardo XII sec.- XIII sec.), stimata sulla base dei confronti con altri siti della zona (Montarrenti, Radi di Montagna, le Vergene) e con edilizia signorile urbana senese. C’è da sottolineare che i castelli intorno a Pievescola, pur essendo oggi in provincia di Siena, sono state strutture di pertinenza della diocesi di Volterra. Una zona di confine, la Montagnola, che desta interesse per gli investimenti fatti in termini di incastellamento in periodo Medievale.
Un luogo ancora tutto da scoprire, il Castellaccio, studiato da Alessandra Fortini che ringrazio per avermi messa a parte delle ricerche fatte per la sua tesi di laurea in Archeologia.
E ora penserete: ma niente spiritelli, fantasmi o affini?

Illusi. Questa è terra di lupi mammari. La leggenda vuole che due contadini che di notte facevano la guardia a raccolto del grano si trovassero a parlare ed uno confessò di soffrire di “mal di luna” e di trasformarsi in lupo. All’improvviso la luna iniziò ad alzarsi in cielo e il ragazzo iniziò la sua mutazione ma prima di perdere “coscienza di sé” fece rifugiare l’amico su l’albero più alto affinché non potesse aggredirlo. Il giovane divenuto mannaro chiamò i suoi simili e si mise a caccia, ma al sorgere del sole tornò normale, fece scendere l’altro, e siccome era rimasta una mezza pecora dalle follie notturne i due, non essendoci più pericolo, arrostirono l’animale e fecero allegramente colazione sotto le mura del Castellaccio che stava prendendo vita.

(e per le storie di mannari, streghe e affini: Massimo Biliorsi “Guida magica delle terre di Siena).

Maura Martellucci

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