Siena e le parole perdute: la domenica in albis

Nella domenica della Divina Misericordia le parole scomparse dei nostri nonni mi vengono incontro per raccontarvi una storia accaduta il giorno di Pasqua e che mi ha fatto “tornare a mente” (ricordare) un po’ di gioventù contradaiola oltre ad una inevitabile riflessione sul tempo che passa.
Iniziamo. Prima di “desina” (il pranzo) è passata una cirimiraccola (una donna volgare) che davanti al supermercato chiuso del Ponte di Romana ha esclamato: “il fiele” (è una sorta di accidente), nemmeno un “buco” (una struttura spesso commerciale) aperto per comprà il latte e “spiccià” (cambiare moneta) questi cinquanta euri. “Oh lei, guardi che l’ha voluto la Regione di sta chiusi mica questi citti della Conade” le ha detto Bursino mentre “solinava” (seduto a godersi il solicino) a qualche metro di distanza. Una gentilezza a cui la signora “c’ha messo il carico” (si dice quando una persona torna sull’argomento con parole ancora più dure): “Speriamo gli venga la tigna, la rogna, il mal dell’ugna e ‘n si possa grattà” (si capisce il tipo di malaugurio) ha esclamato. La donna si è sentita “scalcagnata” (sfortunata) e subito dopo appellandosi al padreterno, mentre andava via, ha esclamato: “Salvo ci sia” (Dio ce ne scampi e liberi). Dal Cane e Gatto (un vicolo di Siena) invece c’è stato una sbaiardare (urla a viva voce) perchè un “bordello” (un ragazzo) col motorino ha “sbardellato” (è caduto) per fortuna senza farsi niente. Quando s’è levato il casco aveva dalle “orcellore” (orecchie a punta simili ai funghi) che mi ha fatto ricordare un mio caro amico “Maccabeo” (una volta i contradaioli dell’Onda venivano soprannominati così) il quale da quanto era “lendinoso” (molto più di un pidocchioso) e “largo come una pina verde” (davvero tirchio), in tutta la sua vita non è mai stato in palco o in terrazza per le Carriere: “Se vuoi venì con me io vo nel palco de’ cani” (in Piazza dove per vedere il Palio non si paga) amava ripetermi. Era un “inciarfuglione” (molto disordinato), ma “buono più del pane” (una brava persona) con cui sin da piccoli s’era fatto una “ghenga” buffa (una compagnia di amici) insieme agli altri “citti” (bambini) della San Bernardino (scuola media inferiore). Già le medie. Quando s’era giovanissimi, noi del Terzo di Città, s’andava quasi tutti alla San Bernardino, ma c’erano pure quelli che preferivano la Jacopo della Quercia e che noi chiamavamo i “gialleri” (nomignolo a chi ha il viso giallo per un malore) mentre una volta a Sant’Agostino (piazzale nel territorio della Tartuca dove giocano i bambini soprattutto del territorio) uno di loro ci dette dei “cipicchiosi” (si dice a chi ha l’aria insonnolita).

Che bei ricordi, lì siamo cresciuti, s’è conosciuto le prime “cirille” (modo affettuoso per chiamare le coetanee), s’è visto tante “avermarie infilate” (ragazze all’apparenza timide), s’è fatto più “botte dell’Ottanta” (confusioni, spesso cazzottate) e alla fine ci siamo ritornati da “commendini” (anziani da commenda). Sognavamo in quei meravigliosi anni Sessanta una vita semplice e ci sembrava “come bere un ovo” (facile), ma invece per tanti di noi è stato “Come a trovà la Diana” (una cosa impossibile). Ed oggi tra “carne crepata” (mal di schiena dovuta all’ernia o a qualche strappo), “bilurchi” (con vista difettosa) e “balingoni” (persone fortemente indisposte), osservo che la vita è bella, ma senza un “baldorione” (persone che amano stare in compagnia, divertirsi e fare confusione) e gli amici con cui era bellissimo perfino “bardellare” (durare fatica, magari in contrada per allestire qualche serata danzante), addirittura le “feste comandate” (le feste sante del calendario) assumono un velo di nostalgia e non c’è più voglia di “avè le ruzze” (voglia di scherzare) tantomeno con “la ganza” (voglia di far l’amore con la fidanzata). Vi confido che nonostante tutto ci si “vota i corbelli” (darsi molto da fare) e ogni tanto, senza volerlo, “s’esce dal seminato” (perdere il filo del discorso) come ho fatto io in questo caso. Ma ragazzi “un so’ dell’erba d’oggi” (persona anziana), quindi abbiate pazienza e non siate “lezzi” (nervosi).
Siccome la settimana scorsa “ho fatto festa” (mi sono riposato), mi congedo augurando buona domenica della Divina Misericordia e, anche se in ritardo, buona Pasqua a tutti voi… “e queste so’ l’ova” (so che sotto sotto mi avete risposto così).