Un breve ma intenso riassunto di un viaggio a Siena per conoscere i nostri dipinti più famosi e trovare un modo per affrontare il proprio dolore. Così lo scrittore libico, premio Pulitzer nel 2017, Hisham Matar nel 1990 decise di venire ad ammirare le bellezze della nostra arte. Lo fece per superare il dolore della scomparsa di suo padre, oppositore di Gheddafi arrestato dagli agenti del regime a Il Cairo. Jabbala, questo il nome del genitore, svanì come “come il sale che si dissolve nell’acqua – spiega il The Guardian ” e di lui lo scrittore non seppe più nulla.
Un trauma il suo che si avverte nel suo ultimo libro A month in Siena: guardando i cimiteri della nostra città, Matar realizza di avere vissuto un lutto senza però mai avere avuto una tomba su cui piangere. Il suo amore per il nostro territorio nasce a Londra durante la gioventù: Matar conosce i dipinti della scuola senese dal 13esimo al 15esimo secolo. Dopo il rapimento del padre spesso si ritrovava a contemplare l’opera di Duccio da Buoninsegna Gesù Cristo ridona la vista all’uomo nato cieco, opera attualmente conservata alla National Gallery. “Un dipinto che è interrogativo e ironico su cosa significhi vedere veramente – dice lo stesso Matar al Wall Street Journal“.
Nel suo lavoro racconta di come è vivere nella nostra città medievale,che per lui è un organismo vivente che si snoda in vie e viuzze e che trova il suo cuore pulsante in Piazza del Campo. Spazio poi, come avevamo già detto, ai nostri dipinti, Matar visita ogni giorno uno dei nostri musei. Ammira l’Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti che mette insieme il Bene Comune con la Giustizia e la Concordia e che ritrae la Tirannia come quel demonio che a Matar ricordano le caricature di Gheddafi nei muri di Tripoli.
Un’esplorazione dell’io come città che alla fine porta lo scrittore ad accettare la dolorosa verità. “Dovrò vivere il resto dei miei giorni senza mai sapere cosa è successo a mio padre – afferma lo stesso Matar -, come o quando è morto o dove potrebbero essere i suoi resti ”.
Katiuscia Vaselli
Marco Crimi