Fino a febbraio del 2023 la straordinaria opera sarà ospitata nei Musei Vaticani ma dal primo marzo, e fino al cinque novembre, i suggestivi locali della Cripta del Duomo accoglieranno il magnifico Reliquiario di San Galgano che tornerà a casa dopo oltre trent’ anni.
Parliamo di uno mirabile capolavoro della produzione orafa senese del XIV secolo, un oggetto di grande devozione popolare, decorato da preziosi smalti traslucidi, che raffigura le scene della vita del Santo e della sua spada.
Nel 1989 il Reliquiario venne rubato dal Museo del Seminario arcivescovile di Siena. Il ritrovamento è avvenuto nello scorso anno, grazie al Nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri. Al centro di questa vicenda ci sono anche una croce astile in rame e bronzo dorato( il pezzo più antico della refurtiva, ndr.), due pissidi in argento e in rame dorato con smalti e cinque calici d’argento.
Dopo i lavori di restauro, eseguito nei laboratori dei Musei Vaticani, oggi è stata inaugurata a Roma l’esposizione “Dalla Spada alla Croce. Il reliquiario di San Galgano restaurato” che è prodotta grazie alla collaborazione tra Musei Vaticani, Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino e Opera della Metropolitana di Siena, con il contributo di Opera Laboratori, Sillabe e Giovanni Raspini.
La mostra si terrà, fino al 18 febbraio, nella sala XVII della Pinacoteca dei Musei Vaticani. Ma, come dicevamo, dal primo marzo ci sarà il trasferimento nella nostra Cripta del Duomo in allestimento ad hoc pensato da Opera Laboratori e Sillabe.
Lo scorso anno era partito il restauro; un intervento accurato, un “miracolo tecnico verso un’opera che si era presentata mutila” come lo ha definito un emozionato Don Enrico Grassini, condotto dal Laboratorio di restauro metalli e Ceramiche dei Musei Vaticani sulle oreficerie presenti in mostra che ha comportato una campagna di indagini scientifiche utili per definire le scelte metodologiche dell’intervento. Il Reliquiario è stato smontato integralmente e sono state messe in sicurezza le settantaquattro reliquie presenti.
“Numerosi i danni subiti in seguito al furto-spiegano i restauratori-. Fra questi i più evidenti erano la frattura del fusto dal piede, le deformazioni delle guglie e la perdita del primo rocchetto esagonale in smalto di giunzione con il piede, ricostruito attraverso una scansione da un’immagine di archivio. Altri piccoli elementi mancanti sono stati realizzati in resina con stampante 3D. Le facce del recto e del verso, decorate con smalti, sono state pulite e consolidate ed infine trattate con il plasma. La croce apicale, anch’essa perduta, è stata riprodotta dal maestro orafo Giovanni Raspini su modello di opere coeve”.
“Questo per me è un ritorno al ricordo del Santo, ai suoi luoghi e ai suoi ambienti”, è il commento dell’Arcivescovo di Siena Augusto Paolo Lojudice. Per Grassini invece si tratta di ” un atto di giustizia” che oggi “si compie verso la comunità senese ferita dal furto”. Gianluigi Marmora, del Nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri di Palermo, parla di “una soddisfazione doppia: per aver recuperato il manufatto e per averlo riconsegnato alla comunità senese”.
Giovanni Minnucci, rettore dell’Opera della Metropolitana, ricorda il ruolo della sua fabbriceria che, spiega, “è fondamentale per il tessuto culturale e connettivo del Paese” perché “durante la storia abbiamo saputo viaggiare insieme tra l’Autorità ecclesiastica e laica”.
“Questa è la dimostrazione di come la collaborazione tra diversi enti possa portare a grandi risultati. Come Opera Laboratori siamo a disposizione dell’arte e siamo pronti e disponibili verso chi è disposto a comunicarla”, così il presidente di Opera Laboratori Beppe Costa.
“È un grande giorno per tutti noi. Il progetto ha visto competenze e professionalità ed attenzione verso un capolavoro dell’arte”, lo dice il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta