L’Italia mette la parola “fine” alla pandemia da covid anche nel mondo del lavoro. E quella di ieri è stata la giornata in cui si è tornati negli uffici con le regole precedenti al coronavirus per ciò che riguarda lo smart working.
Si sono infatti fermate le procedure semplificate attivate per i fragili – e cioè affetti da malattie oncologiche o altre patologie gravi – e per i genitori di ragazzi che hanno meno di 14 anni.
Da inizio aprile è di nuovo in vigore la legge del 2017 dell’ex-ministro Maurizio Sacconi: il lavoro agile si può svolgere a seguito di un accordo tra dipendenti ed azienda.
“Preoccupata” dalla novità si è detta Daniela Spiganti, della segreteria della Cgil di Siena. La misura, a suo dire, dava un aiuto alle donne a conciliare la propria vita con la professione. Non solo: c’è anche il fronte del ritorno delle categorie fragili che, dopo anni di smart working, “avranno difficoltà a muoversi nei nuovi ambienti”, come spiega la sindacalista.
“Auspico che le nostre organizzazioni possano essere coinvolte in questo processo. Credo che sarebbe servito un passaggio più graduale – dice -. Servirebbero ora dei contratti collettivi per fare normare la situazione, anche se sappiamo che gli accordi sono tra l’azienda e il singolo individuo”.
Il fenomeno dello smart working, almeno nei dati della Cisl di Siena era in aumento pure qui. A fine 2023 secondo Riccardo Pucci, segretario della confederazione, c’era stato un +15%Â di persone che avevano richiesto e ricevuto l’autorizzazione per poter svolgere la propria professione con questa misura.
“Adesso bisogna attenzionare la contrattazione – spiega Pucci – . Dovremmo fare una valutazione caso per caso. Il contributo delle sigle sindacali per questa novità è per noi fondamentale. Ed infatti anche la Cisl nazionale diffonderà una nota sul tema”.