“Chiediamo alla regione Toscana di investire nella salute psicologica dei cittadini. Basta slogan, adesso servono impegni concreti”. È questo l’appello lanciato dal presidente dell’Ordine degli psicologi toscani, Maria Antonietta Gulino. “Parlo in questa sede come rappresentante degli invisibili – ha esordito – e mi riferisco a due questioni. Da una parte non si fa che parlare ovunque di coloro che sono travolti dal disagio psicologico col covid, tanto che si parla di psico-pandemia. Si tratta di cittadini invisibili e in questo senso le ultime notizie dal governo ci lasciano irritati e perplessi: è bastata una petizione che ha raccolto 250mila firme a favore del bocciato bonus psicologo, che non era un cambiamento strutturale ma almeno poteva essere un segnale, e quei 50milioni sono stati messi da una parte. Chi soffre dal punto di vista psicologico è di fatto abbandonato a sé stesso. Tanto più che questa pandemia è come neve che si scioglie e lascia il disagio che già c’era. I cittadini che hanno bisogno di un aiuto psicologico chiedono un impegno forte a tutti e anche alla regione Toscana e io parlo a nome loro: alla Regione chiedo di avere coraggio, coraggio e realismo, due criteri fondamentali per prendere a cuore la salute psicologica dei cittadini. Ma non parlo solo a nome loro: invisibili sono anche i miei colleghi e colleghe psicologhe. E dobbiamo intervenire su questo fronte”, invoca Gulino.
“Le case della comunità previste dal Pnrr sono una prima grande occasione – ritiene la presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana –. Devono essere case della salute tutta, a 360 gradi, intesa come impegno sociale e sanitario per ciascun individuo. Devono essere posti dove il cittadino va e trova il medico, il pediatra, lo psicologo, l’assistente sociale e l’infermiere. Un luogo in cui il cittadino non debba trovare una sanità divisa in compartimenti stagni ma possa ottenere una risposta globale alla sua salute. In queste case di comunità l’obiettivo dovrebbe essere applicare finalmente quella bellissima legge che è la 328 del 2000 e quell’approccio integrato multi-professionale di cui ci riempiamo la bocca ma non è per niente applicato. E tutti gli operatori sanitari ne hanno bisogno”.
“Il nostro obiettivo principale è quello di abbattere l’uso massiccio e il consumo diffuso di psicofarmaci perché la regione Toscana, lo sappiamo, tratta la depressione e l’ansia spesso e volentieri con l’uso di psicofarmaci – prosegue –. Ma ci sono altre strade più efficaci e complementari: gli psicologi usano le loro competenze per affiancare la salute del cittadino e per lavorare sulle sue risorse adattive. Puoi prendere tanti psicofarmaci e non andare comunque a lavoro, non accompagnare tuo figlio a scuola, puoi continuare ad avere un conflitto in casa: lo psicofarmaco e basta non può essere sufficiente. La seconda questione da affrontare, e qui parlo dei miei colleghi che lavorano nelle Asl, è sopperire alla mancanza e carenza di dirigenti psicologi nelle Aziende sanitarie. I numeri sono catastrofici: negli ultimi anni zero turn over per pensionamenti e maternità. Capisco che non abbiamo soldi e che la pandemia ci ha distrutto anche economicamente, la priorità è stata ed è mettere in salvo la popolazione e siamo tutti a favore della vaccinazione ma il turn over nel nostro settore della psicologia è bloccato da troppo tempo. Abbiamo circa il 50% meno di psicologi negli ultimi 15 anni nelle nostre Asl. Psicologi che da due anni a questa parte sono in burn out come tutti gli operatori sanitari, perché nelle nostre Asl le liste d’attesa sono lunghe, molto lunghe. I nostri utenti sono obbligati ad aspettare lunghe liste d’attesa. Voi immaginate una persona che ha attacchi di panico, può mai aspettare due, tre o sei mesi in lista d’attesa per una visita psicologica nel pubblico? È improponibile. E infatti si va dal privato, che per fortuna esiste con la sua offerta di supporto psicologico e psicoterapia. Ma non è accessibile a tutti, perché non tutti possono sostenerlo economicamente Potremmo pensare al convenzionamento degli studi di psicoterapia, come accade per tutti gli altri interventi medico-sanitari. Nelle Asl i nostri psicologi pubblici devono inoltre lavorare anche per i tribunali e l’autorità giudiziaria, per le scuole, per il benessere organizzativo, nelle carceri, nei centri diurni. Sono come dei jolly ma non sono jolly, sono professionisti che vogliono lavorare bene e a cui va resa dignità, quindi il rischio di burn out per loro è molto, molto forte” denuncia Gulino.
La presidente chiede anche nuove misure strutturali e organizzative di sistema, anche per gli ospedali: “Il dipartimento di psicologia dovrebbe essere uno degli obiettivi da mettere ai primi posti nell’agenda della politica: è necessario iniziare a fare un po’ di ordine e pensare che gli psicologi devono essere i titolari della gestione dei servizi di psicologia, perché ci sia un’organizzazione più efficace e più chiara. Poi c’è la psicologia ospedaliera, – conclude Gulino – abbastanza carente: io mi chiedo cosa sarebbe stato e come sarebbero andate le cose col covid se nei reparti, al fianco dei malati-utenti positivi, soli e lontani dai famigliari, ci fosse stato una psicologa. I nostri psicologi dipendenti delle Asl sono stati costretti a parlare al cellulare con quei ricoverati”.
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