Il periodo è denso di punti interrogativi, ma nonostante guerra e pandemia nel mondo agricolo senese c’è cauto ottimismo. Questo stando almeno alle parole del presidente dell’Ordine Agronomi e Forestali di Siena Riccardo Clemente.
Nel settore cerealicolo “i prezzi di vendita si stanno mantenendo alti, con il grano ‘convenzionale’ che addirittura ora costa più del bio – spiega-. Fino a poco tempo fa il grano duro valeva 28-30 euro al quintale, adesso arriva a toccare anche quota 50-55. Il conflitto inoltre ha comportato una riorganizzazione della posizione dei fornitori che dall’Ucraina si stanno spostando verso altre regioni, come il bacino del Mediterraneo”. A far sorridere Clemente ci sono anche i numeri degli agriturismi che, dice, “stanno vedendo una ripresa delle visite dei turisti”.
Ma se da un lato l’impatto della guerra ha creato nuove opportunità c’è però un aspetto negativo: si tratta dell’aumento dei costi di produzione. E gli agronomi senesi- sono 130 gli iscritti all’Ordine che collabora con imprese private ed enti pubblici-, sul tema, si sono confrontati tra loro in un convegno dal titolo “Impatto della guerra in Ucraina sull’agricoltura senese” che si è svolto al Consorzio Agrario di Casetta.
“L’incremento dei costi è estremamente negativo – sottolinea Clemente -. soprattutto per alcune realtà, come il mondo degli allevamenti”. La carne, evidenzia ancora il presidente dell’Ordine, “viene venduta a dei prezzi che non riescono a reggere la spesa che questo settore comporta”.
Le criticità però non si fermano qui: “La pandemia ha comportato un rallentamento della catena di produzione e problemi di trasporto e logistica, per cui per i trattori e per altri macchinari vengono a mancare le componenti e noi siamo qui ad attendere -continua Clemente-. Lo stesso si può dire per i concimi e per le sementa: veniamo approvvigionati, ma con il contagocce”
MC