I riflettori del mondo sono tutti puntati sull’Ucraina dove si sta consumando la guerra. L’evento bellico (che in realtà gli esperti ci dicono essere non solo prevedibile ma addirittura previsto) ha colto di sorpresa l’opinione pubblica che si è subito mobilitata in tante iniziative di beneficenza. Siena News ha chiesto a Marco Ginanneschi, che di professione si occupa proprio di fare previsioni sul medio-lungo periodo, quali possono essere le conseguenze del conflitto.
“È difficile concentrarsi sul futuro durante una guerra – esordisce Ginanneschi -, la guerra è l’antitesi del futuro. Basta pensare alla mancanza di prospettiva che affligge chi ha perduto casa e lavoro ed è stato costretto a lasciare i suoi cari a combattere, come sta succedendo alle donne e ai bambini ucraini in fuga dalla loro patria assediata. Mi viene in mente una frase di un famoso libro di José Saramago, Cecità che dice: Con le budella in pace, chiunque può avere delle idee. La cosa è ben diversa quando a parlare sono i cannoni”.
“Von Clausewitz, invece, – prosegue il futurologo – sosteneva che la guerra fosse la continuazione della politica con altri mezzi, mentre Clint Eastwood in un famosissimo film diceva che quando si spara, si spara. Non si parla. Tutto ciò, per dire che la guerra altro non è che la rinuncia al dialogo con l’altro e persino al ragionamento: soltanto affermazione della propria volontà con la forza. In questo sono totalmente d’accordo con l’affermazione del Presidente Mattarella di ieri: la guerra è un ritorno all’indietro della storia e della civiltà”.
“Come rispondere quindi alle richieste di tratteggiare scenari post-bellici che mi vengono rivolti o più semplicemente di immaginare le conseguenze economiche della guerra come direbbe Keynes? – risponde Ginanneschi – Occupandomi di scenari, mi sentirei di spendere un parola relativamente tranquillizzante: eviterei di considerare lo scenario più estremo, quello dell’allargamento del conflitto e la sua trasformazione in guerra nucleare. Voglio credere che si troverà un accordo, che le armi cesseranno di tuonare e che non vogliamo autodistruggerci. Spero che ciò avvenga presto, nell’interesse di tutti quelli che sono coinvolti. Una caratteristica di questo conflitto ancora ‘regionale’ è di essersi aperto all’interno di una società globalizzata a livelli mai raggiunti prima nella storia dell’umanità: siamo tutti talmente connessi, digitalmente tramite i social media e i sistemi di pagamento elettronici e materialmente tramite gli scambi di materie prime, semilavorati e prodotti finiti, che i danni del conflitto risultano semplicemente non arginabili. A 14 giorni dallo scoppio della guerra, ma sembrano anni per effetto del fenomeno di dilatazione temporale indotto dall’essere tutti online h24, le multinazionali, le banche, le aziende esportatrici, le aziende importatrici, i creditori e i debitori stanno continuamente aggiornando la propria contabilità e rivedendo le proprie esposizioni”.
Sull’approvvigionamento delle risorse energetiche, Ginanneschi dice: “Ancora siamo dipendenti dai gasdotti che vengono dalla Russia. Gli Stati Uniti ci avevano chiesto di tagliare anche quell’approvvigionamento ma da parte nostra non c’era questa possibilità. Per riuscire ad avere una nostra indipendenza potrebbe volerci più di un anno”.
Ginanneschi continua: “Ci sarà da soffrire. Il Presidente Mattarella ha sostanzialmente detto sempre ieri che dobbiamo essere pronti a sostenere un costo per difendere la pace, la democrazia, il diritto, la civiltà dell’Europa e dell’intero genere umano. Guardando alla storia, se vi è una lezione certa è che ad ogni conflitto segue sempre una ricostruzione: la domanda di beni e servizi si impennerà e ciò, unito ai danni subiti dalle filiere produttive lunghe durante il conflitto, lascia intuire che i prezzi saranno spinti al rialzo. Una spinta rialzista che si aggiungerà alle altre cause dell’inflazione già in azione. Non penso soltanto alla ricostruzione dell’Ucraina. Un’eredità di questo conflitto, purtroppo, è che l’Europa dovrà occuparsi di più della propria difesa, essere più autosufficiente dal punto di vista energetico e persino riarmarsi. Spesa pubblica che peraltro la Germania ha già quantificato”.
“Pagheremo tutti quindi più cara la vita che avevamo prima, – conclude il futurologo – o detto con altre parole, dovremo adattarci a vivere una vita diversa, con minori aspettative e un ventaglio di scelte e di opportunità più limitato. La pandemia ci ha già indicato il sentiero impervio che ci attende. Qualcuno grida che è il momento adesso di spingere sull’acceleratore della sovranità economica. Personalmente mi auguro che con la pace possa anche ripristinarsi il commercio e la globalizzazione “buona”, che non consuma risorse non rinnovabili, ma consente comunque di creare e re-distribuire ricchezza a vantaggio di tutta l’umanità. Mi auguro cioè che si produca un cambiamento importante, uno di quei cambiamenti che al termine di una guerra possono verificarsi, se si diffonde la consapevolezza e prevale la ragione”.
EG