Siena

Un santuario romano emerge a San Casciano dei Bagni

Nello scorso agosto lo scavo nel Bagno Grande di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, aveva visto riemergere dal fango caldo le tracce dell’ingresso monumentale di un santuario romano e abbandonato sulla soglia era un altare in travertino.

Con la ripresa a settembre ed ottobre degli scavi il team del Roman Baths Project ha visto riapparire nello scavo stratigrafico di un orto abbandonato a pochi metri dalle polle pubbliche ancora oggi in uso, le vestigia del un santuario romano intatto, il cui carattere sacro era suggellato da altari dedicati agli dei a Fortuna Primigenia, a Iside oltre che ad Apollo, e una statua in marmo raffigurante Igea, che i giovani archeologi (studenti di diverse università italiane e internazionali, da Siena, Pisa, Firenze, Roma La Sapienza, Sassari, Dublino e Cipro) hanno toccato prima ancora di veder emergere con chiarezza dal fango caldo.

In soli due mesi di scavo è infatti emersa con chiarezza parte della sequenza di vita del luogo di culto. L’impianto monumentale del santuario è riconducibile ad età augustea al di sopra di un luogo sacro in epoca etrusca almeno durante l’Ellenismo. In età augustea il santuario assume la forma di un edificio con copertura a compluvio su un bacino centrale circolare, poggiante su quattro colonne tuscaniche, e con propileo di ingresso a sud delimitato da due colonne a base attica. A seguito di un drammatico incendio avvenuto probabilmente alla metà del I secolo d.C., tra età flavia ed età traianea l’edificio fu ricostruito e ampliato.

Verso la fine del II secolo d.C. tre altari in travertino con dediche anche a Fortuna Primigenia e ad Iside sono deposti nel cuore del santuario, sul bordo della vasca della sorgente calda, che sgorga a 42°. Un universo di divinità che se associate ad Apollo, Esculapio e ad Igea, che già conoscevamo dal Bagno Grande forma un variopinto quadro del sacro di questo santuario. Un Bagno effettivamente Grande poiché in un solo luogo accoglieva assieme così tante e diverse divinità.

marco crimi

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