Ha destato scalpore l’iniziativa dei docenti universitari di tutta Italia che hanno scelto di firmare
contro il Green pass, obbligatorio nelle università per insegnanti e studenti. Alla petizione, dapprima, hanno partecipato pochi nomi, ma oggi il numero di professori continua a crescere giorno dopo giorno. Tra di loro, oltre a un nome noto come quello di Alessandro Barbero, anche alcuni accademici dell’ateneo senese: Akeel Almarai, Stefano Brillanti, Matteo Macciò, Alessandra Persichetti, Davide Sparti e Rita Vignali. In particolare Stefano Brillanti, professore associato di gastroenterologia dell’Università di Siena, nonché responsabile dell’Unità operativa di epatologia al policlinico del Santa Maria delle Scotte, ha accettato di parlare con noi.
Professore, cosa c’è dietro questa scelta di firmare contro il Green pass?
“Intanto chiariamo che la petizione nazionale, nel suo testo, è frutto di una mediazione tra tutti i sottoscrittori. Da parte mia c’è la convinzione che un lasciapassare per svolgere attività scolastiche sia discriminatorio. Ovviamente, non è una questione di legalità, quanto di legittimità. Lo stato chiede ad uno studente regolarmente iscritto e che paga le tasse di adempiere ad un obbligo che obbligo non è, perché il vaccino non è ancora stato reso obbligatorio. L’alternativa al vaccino è spendere di tasca propria decine di euro a settimana per comprare regolarmente tamponi: faccio fatica a non sottoscrivere le parole di un mio allievo che l’ha definita estorsione di stato”.
Da parte vostra che tipo di soluzioni proponete?
“Io non ho soluzioni, non sarebbe neanche il mio compito. Da parte nostra c’è semplicemente la volontà di stimolare il confronto e la discussione proprio sulla legittimità di questo provvedimento”.
Secondo lei il Green pass ha una sua efficacia come presidio sanitario?
“Non dobbiamo confondere Green pass e vaccini. Quella sul lasciapassare verde non è una legge sanitaria: quando e se verrà introdotto un obbligo vaccinale erga omnes ragioneremo in questi termini”.
Che ne pensa di un obbligo vaccinale?
“Se l’Ema dovesse dare un’approvazione non condizionata, il numero dei malati giustificasse un provvedimento del genere e venissero rispettate le condizioni che la Corte Costituzionale ha posto allora, io potrei anche essere d’accordo. Il fatto è che l’Ema al momento ha dato un’approvazione condizionata”.
Quindi lei non è contrario ai vaccini?
“Essere no vax significa essere contrari ad ogni tipo di vaccino, ed io in vita mia ho fatto una quantità enorme di vaccini: fui tra i primi a partecipare alla sperimentazione del vaccino contro l’epatite B. Detto ciò non posso non registrare che il tipo di comunicazione fatto da alcuni membri della comunità scientifica è stata disorientante: nella dialettica ci vorrebbe umiltà. Non si può andare in televisione a parlare di verità assolute per poi venire smentiti regolarmente dai fatti: penso ad Astrazeneca prima per gli under e poi per gli over 65, ma non è l’unico caso. Se si fosse utilizzato un approccio meno fideistico oggi saremmo tutti molto più sereni. La scienza, di questi tempi, ha perso la propria anima: verificare prima di concludere. Oggi, invece, vediamo persone che vogliono anticipare il futuro e parlare di verità assolute sulla base di ipotesi”.
Quindi cosa ne pensa del vaccino contro il covid?
“Penso che non dobbiamo avere paura della verità. Non c’è niente di male ad ammettere che il vaccino potrebbe perdere efficacia nel tempo o che oggi i vaccinati possano contagiare e contagiarsi. L’importante è non far diventare argomento di fede le proprie verità, altrimenti non si tratta più di scienza ma di religione. A questo proposito invito tutti a leggere ‘Diritto d’errore’ di Karl Popper: è insito nell’essenza stessa della scienza il diritto di errore. Continua ad essere assurdo pensare di fare proclami in una realtà in continua modificazione”.
Così non si rischia di legittimare gli scettici del vaccino?
“Non vedo perché non dovrebbe essere lecito porsi delle domande: finché la stessa Ema non toglierà l’approvazione condizionata porre dei dubbi sarà assolutamente lecito. Il rischio, semmai, è che, come sempre, inasprire il discorso porta a radicalizzare le opposizioni. Una fetta non indifferente della popolazione ha fatto tutti i vaccini e adesso vuole semplicemente maggiori informazioni su un medicinale di nuova formulazione. Il rischio di continuare su questa china è che un ‘ni vax’ o un ‘boh vax’, sentendosi attaccare, diventi un no vax convinto. In sostanza si va a rinforzare quello sparuto zoccolo duro che è convintamente antivaccinista”.
Emanuele Giorgi