“Vicino agli ultimi, un Pontificato dell’ascolto e della gente”: Di Bello (Opera Laboratori) ricorda il Santo Padre

Un Chiesa pensata per essere vicina tra la gente, vissuta senza ansia e con una strategia a lungo termine. Un Pontificato segnato da processi rivoluzionari, anche per i fedeli: è l’eredità che, secondo il consigliere delegato di Opera Laboratori Stefano Di Bello, è lasciata da Papa Francesco.

“Ci ha detto chiaramente che il tempo è superiore allo spazio, che non bisogna affannarsi. Essere tenaci, sì, ma puntare ad avviare dei processi – sono le sue parole-. Credo che lui abbia avviato tantissimi processi per rinnovare la Chiesa, per stare vicino agli ultimi, per essere tra la gente. Spesso ci dimentichiamo di questi processi: siamo più attenti agli spazi, al bisogno di governarli, di pianificare. Invece, lui ci ha invitati più volte a lavorare con visione, senza ansia, con una strategia a lungo termine. Questo perché i processi rappresentano un metodo nuovo, rivoluzionario, anche per la vita spirituale e per la vita della Chiesa”.

Di Bello è da sempre molto legato all’abate di San Miniato al Monte Bernardo Gianni, che nel 2019 fu scelto dal Santo Padre per guidare gli esercizi spirituali. Una figura, quella di Padre Bernardo, che ha permesso al manager di conoscere il Pontefice.

“Sicuramente  – prosegue – sia l’Abate Bernardo che il nostro Arcivescovo mi hanno fatto conoscere in modo più diretto la figura del Santo Padre, che personalmente non ho mai incontrato. Ma attraverso di loro mi è sempre stata trasmessa l’immagine di un innovatore, o meglio, di una figura capace di leggere la realtà in modo autentico. E l’autenticità, alla fine, diventa nuova. Era un’autenticità strutturata, ma così profonda da riuscire a destrutturare ciò che appariva, invece, come innovazione”.

Il consigliere delegato della holding è sempre stato colpito dalla capacità del vescovo di Roma di mettersi in contatto in modo diretto con le persone.

“Con Bernardo mi sono confrontato spesso su molte cose, e ciò che mi ha sempre colpito è stata la sua capacità di entrare in contatto diretto con le persone, senza pianificazioni o avvisi – continua-. Una persona che voleva instaurare un dialogo immediato con l’interlocutore, perché, fondamentalmente, Papa Francesco voleva ascoltare. Il suo era un atteggiamento profondamente aperto all’ascolto. E l’ascolto, per il mondo monastico, è una parola chiave. Credo davvero che tra Papa Francesco e l’Abate Bernardo ci sia stato un incontro profondo proprio su questa dimensione di relazione cordiale — nel senso più vero del termine: unione dei cuori”.