Il vicolo di Finimondo portava, in antichità, ad un podere fuori dalle mura chiamato proprio “podere Finimondo”. Oggi, il vicolo è chiuso.
Sul piazzale prospiciente la chiesa di Santo Spirito, a destra guardando la chiesa stessa, si apre il vicolo di Finimondo. Questo vicolo chiuso, dal nome alquanto singolare, è caratterizzato dall’avere sulla casa di fondo una ceramica risalente, probabilmente, al XVIII secolo (quella che vediamo oggi è solo una copia) che raffigura la cosiddetta Madonnina di Finimondo, eletta da tutto il rione dei Pispini a tabernacolo mariano e oggetto di culto.
L’essere Finimondo una strada senza uscita indusse un grande conoscitore di storia senese quale Virgilio Grassi a supporre che la “bizzarra denominazione” le provenisse proprio “dal non avere sfondo, datale quasi, per esagerazione popolare, come se in essa il mondo finisse”.
In realtà il toponimo “finimondo” ha un’origine completamente diversa anche se certamente meno affascinante di quella prospettata da Virgilio Grassi. Nel medioevo la strada, poi divenuta senza sfondo, passava dietro le case dei Pispini, costeggiava l’Abbadia Nuova, e usciva dalla porta di Busseto.
Fino ad alcuni decenni fa, infatti, la toponomastica della zona riportata nella tavoletta dell’Istituto Geografico Militare segnalava in prossimità del vicolo l’esistenza di un “podere Finimondo”, che risultava appena fuori dalle mura. E’ probabile, quindi, che prima della costruzione del palazzo che ha “accecato” il vicolo, questo conducesse a una posterula dalla quale si accedeva ai terreni di questo podere.
E comunque, anche se l’ipotesi di apertura nelle mura risultasse troppo audace, è altrettanto possibile che la vicinanza del toponimo agricolo abbia determinato il nome del vicino vicolo.
Maura Martellucci
Roberto Cresti