Vino e dazi Usa, le reazioni dai Consorzi. Busi (Chianti Classico): “Si cerchino altri mercati”. Bartolommei (Brunello): “Difficoltà enormi”

“Davanti alla possibilità di dazi fino al 30% sui prodotti agroalimentari italiani, incluso il vino, serve una reazione concreta e orientata al futuro. È inutile piangersi addosso: va vista come l’occasione per accelerare una nuova strategia di export, che punti su mercati alternativi e più stabili”.

Lo afferma Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti docg, in merito ai dazi Usa.

“Apprezziamo l’orientamento dell’Unione Europea ad aprire una trattativa con gli Stati Uniti, mercato fondamentale per il vino italiano, senza innescare una guerra di dazi e controdazi – spiega Busi – ma non possiamo continuare a rincorrere gli annunci che arrivano da Oltreoceano e che cambiano ogni giorno. Serve una visione più ampia e strutturata. Sud America, Asia e Africa rappresentano oggi rotte fondamentali per il futuro del vino italiano – prosegue Busi – e l’accordo tra Unione Europea e Mercosur può diventare una leva reale per lo sviluppo del nostro comparto. Mercati come Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay – continua il presidente del Consorzio – offrono grandi margini di crescita per un vino come il Chianti, simbolo della tradizione, della qualità e dei territori italiani”.

“Anche in Asia registriamo segnali positivi – sottolinea Busi – con una domanda crescente in paesi come Cina, Giappone, Vietnam e Thailandia: dobbiamo essere presenti in modo strutturato, con promozione e distribuzione mirate. Non vanno trascurate Africa e India – aggiunge – aree in cui il consumo di vino sta cominciando a diffondersi e dove possiamo posizionarci con prodotti di alta qualità e forte identità culturale”.

Per il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Giacomo Bartolommei “avere una gabella” come il dazio al 30% “creerebbe una difficoltà enorme”.

Bartolemmei lo ha detto a MontalcinoNews.com. “Credo che sia necessario – prosegue – per trovare un accordo che non metta a repentaglio le nostre realtà. Non credo ci sia bisogno di un aiuto economico, perché non la reputo una misura idonea, poi si andrebbe a creare una situazione poco chiara di mercato. Bisogna tutelare gli interessi delle aziende attraverso una soluzione diplomatica, permettendoci di lavorare senza alcun tipo di gabella e di guerra commerciale, che non ci riguarda”.