Siena

Vino senza alcol, invenzione o riscoperta? L’acquarello

Si fa un gran parlare del vino analcolico o dealcolizzato, soprattutto da quando l’Unione Europea sta lavorando ad una proposta che permetterebbe di abbassare o togliere il livello alcolico del vino anche con l’aggiunta di acqua. Una proposta che ha acceso mille polemiche, ma che potrebbe rivelarsi come una nuova opportunità di vendita in paesi con rigide limitazioni religiose (ad esempio i Paesi Arabi) o dove la diffusione dell’alcol rappresenta un grave problema per l’alcolismo (ad esempio, i paesi del Nord UE).

In realtà il vino senza alcol esiste dai tempi antichi, e non lontano dalle nostre province qualcuno l’ha anche visto fare con le vinacce del Chianti. Si chiama Acquarello.

Federigo Nomi presbitero, poeta e latinista vissuto a Sansepolcro, tra la seconda metà del ‘600 e gli inizi del settecento, scriveva ne «la nota de’ poveri […], delle parrocchie e de’ sussidi destinati per tali poveri»:  “Coloro li quali per dodici mesi dell’anno mettono in casa da far pane anche di qualsiasi biada et acquerello da bere, con una botticella di vino pretto per la state e da fare una minestra di civaie con un poco di carne di maiale spesso rancida, o olio poco e cattivo, si chiamano commodi o benestanti”. Sembra che l’acquerello esistesse già nel medioevo, quando si producevano tre tipi di vino: uno veniva ottenuto con una spremitura soffice delle uve dalle quali si estraeva un succo naturale e corposo. Questo era il migliore ed era destinato solo ai nobili. Un altro veniva ottenuto con la seconda spremitura delle vinacce, dalle quali si estraeva un mosto più intenso, anche se in minore quantità, ed era destinato al Clero. L’ultimo tipo era destinato ai poveri e veniva prodotto con ciò che restava delle bucce, alle quali si aggiungeva dell’acqua per ricavare una bevanda molto simile all’acquerello. La differenza di fondo è che nel medioevo si usava aggiungere spezie ed erbe.

In tempi più recenti l’acquarello veniva prodotto nei poderi dei mezzadri, dopo aver separato il mosto dalle bucce, per il vino destinato al padrone. Se ne otteneva una bevanda a bassissimo contenuto alcolico, abbastanza acida. Come dice il proverbio “Amor di Signore e vin di fiasco, la sera è bono la mattina è guasto”.

Stefania Tacconi

emanuele giorgi

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