Il Belgio è completamente isolato. Chiuse le frontiere con la Francia e con la Germania. I telefoni, soprattutto i cellulari, sono in tilt, mettersi in contatto con chi si conosce è diventato difficilissimo. E mentre aumenta il numero delle vittime ed è alto il livello di allerta anche in Italia – cancellati i voli da e per Bruxelles, controlli a Fiumicino – riusciamo ad avere qualche notizia da amici e conoscenti che si trovano in Belgio.
Stanno bene, molti però sono chiusi in casa e scelgono di non parlare. Ciò che conta davvero, ora, è il silenzio, il rispetto del dolore ma soprattutto il silenzio dell’azione, ben lontano dal clamore delle parole inutili. Non c’è nulla da dire, soprattutto da parte dei politici. C’è da fare un fronte comune, questo sì. Perché solo così, continuando a vivere e guardare avanti non e piegandosi alla loro violenza, possiamo combatterli. Il terrorismo si combatte con la vita. Perché la vita è più forte di tutto.
Riportiamo di seguito due testimonianze.
La collega Virginia Masoni (nella foto, sotto) ha raccontato in un messaggio questa mattina: “Sono arrivata a Bruxelles due giorni fa per seguire dei seminari all’interno della Delegazione di Confindustria presso l’Unione Europea. Questa mattina quando è iniziata a circolare la notizia dell’esplosione all’aeroporto inizialmente i media locali parlavano di un tentato attentato, poco dopo sono arrivate le tragiche conferme dell’entità della tragedia: due esplosioni, 13 morti, moltissimi feriti. Mi sono spostata dall’hotel dove alloggiavo alla sede degli uffici di Confindustria. Qua abbiamo appreso del secondo attentato presso le due stazioni metro di Maelbeek e Schuman che si trovano vicino alle sedi del Parlamento e del Consiglio europeo: 15 morti è il primo bilancio diffuso. La città è completamente bloccata, macchine della polizia ed ambulanze sono ovunque. E’ stata chiusa la frontiera tra il Belgio e la Francia, bloccati i treni con la Germania”.
“Tramite Facebook ho potuto contattare Anita Toni (nella foto, sotto), ventinovenne, originaria di Ravenna. Dopo la Laurea alla LUISS, sei anni fa si è trasferita a Bruxelles dove lavora come manager. Stamani era a casa, a una fermata di metro da Maalbeek, quando si è verificato il secondo attentato – scrive Selene Bisi a proposito della sua cara amica, riportando anche il racconto della ragazza – ‘sembrava di essere in Iraq, si sentono solo sirene ed elicotteri. Hanno bloccato quasi tutte le strade.” Anita con grande coraggio, si è messa in macchina e tramite strade secondarie è riuscita a raggiungere la campagna circostante Bruxelles. Sono stata mezz’ora in autogrill cercando di contattare i miei cari a casa. Ma tutte le linee sono interrotte, non possiamo chiamare. Grazie a Facebook sono riuscita a far sapere che sono in salvo. Ma non riesco a mettermi in contatto con molti amici che vivono qua.
La situazione descritta è quella di panico e di totale incertezza, le uniche indicazioni che arrivano sono quelle di non uscire di casa, non sappiamo quando riapriranno i mezzi di trasporto pubblici, né l’aeroporto o altro. L’unica cosa che posso fare è stare qua in campagna, in casa con le mie amiche. Non sappiamo come reagire. L’unica cosa che posso dire è che dobbiamo farci forza. Tutti insieme“.