È un vero e proprio successo “Ai Weiwei. Who am I?” la mostra personale dedicata all’artista cinese ospitata negli storici spazi di palazzo Fava. La mostra ha lasciato il segno in città facendo registrare oltre mille visitatori nel primo weekend di apertura. Promossa da fondazione Carisbo nell’ambito del progetto culturale Genus Bononiae e prodotta da Opera Laboratori con la collaborazione di Galleria continua, l’esposizione è stata curata da Arturo Galansino. Al termine della prima giornata di apertura i visitatori era circa quattrocento, numeri in crescita ora dopo ora con file ordinate e tanta curiosità per le opere ma anche per il catalogo e i tanti prodotti di merchandising, che arricchiscono la visita, realizzati dalla casa editrice Sillabe.
Come indica il titolo, ispirato da una conversazione dell’artista con l’intelligenza artificiale, la mostra a Palazzo Fava presenta l’artista e il suo universo creativo, in una tensione continua tra tradizione e sperimentazione, conservazione e distruzione. Grandi installazioni, sculture, video e fotografie testimoniano la versatilità e la profondità della ricerca dell’artista cinese, oltre cinquanta opere invadono interamente lo storico palazzo bolognese, a partire dallo scalone fino alle sale monumentali, sotto gli affreschi dipinti sul finire del Cinquecento dai Carracci e dalla loro scuola, per poi terminare al secondo piano.
A miti greci e romani dipinti nei celebri cicli carracceschi si contrappongono le favole e le leggende della cultura cinese. Tra le storie di Giasone e Medea e le avventure di Enea che decorano le sale del piano nobile ci sono le sculture-aquiloni raffiguranti gli animali fantastici tratti dal bestiario del Classic of mountains and seas, il più antico testo mitologico e geografico cinese, risalente al III secolo a.C. Realizzate con bambù, carta di riso e seta. Creature mitologiche che fluttuano nello spazio, invitando ad una riflessione sulla storia e sull’antichissima identità culturale cinese.
Grandi protagoniste anche le opere composte da mattoncini Lego, che riprendono, mutandole ironicamente, alcune importanti opere della tradizione pittorica occidentale. Così in mostra diversi capolavori della pittura rinascimentale, barocca e moderna subiscono questa irriverente trasformazione, come la Venere dormiente di Giorgione (Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda), a cui Ai Weiwei aggiunge una gruccia per ricordare gli aborti autoindotti prima della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza o l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (chiesa di Santa Maria delle Grazie, Milano), dove il personaggio di Giuda ha le fattezze dello stesso Ai Weiwei. Direttamente ispirate alla tradizione pittorica bolognese e realizzati espressamente per la mostra a Palazzo Fava, sono invece gli ironici rifacimenti dell’Atalanta e Ippomene di Guido Reni (Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli), dell’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello (Pinacoteca Nazionale di Bologna) e di una Natura Morta di Giorgio Morandi (Pinacoteca di Faenza).