Toscana

Sta finendo l’ottobre rosa ma è bene che non si concluda quanto imparato: dalle cure al prendersi cura

Come ogni anno il mese di ottobre è dedicato alle campagne di sensibilizzazione ed educazione alle malattia oncologiche. Stiamo parlando dell’Ottobre Rosa. Giunti al termine della sua edizione 2022, desidero fare un’analisi alla luce della particolare epoca che stiamo vivendo.

Qual è stato l’impatto psicologico del Covid-19 su pazienti oncologici e caregiver? Negli gli ultimi anni, che come tutti noi ben sappiamo sono stati caratterizzati da isolamento e restrizioni, per i pazienti con un problema oncologico l’isolamento forzato e le restrizioni imposte, attuate dai decreti che si sono susseguiti, hanno amplificato angoscia e disperazione. A pesare, in particolare, è stata la mancanza di contatto e la vicinanza dei propri cari. Simile effetto amplificatore è stato osservato nei caregiver, cioè in coloro che si prendono cura della persona che ha la malattia.

Per questi, a pesare è stata in particolare modo la mancanza di normalità e la possibilità di non poter vivere la quotidianità, sperimentando forte disagio riguardo alla perdita delle proprie routine. Come far fronte al senso di solitudine, alla consapevolezza di essere fragili in un contesto fragile di per sé? Come vivere l’isolamento anziché subirlo passivamente? Come affrontare la paura di contrarre il virus sapendo di vivere in un corpo già debole? Come gestire la tensione degli screening e degli esami posticipati causa Covid? Queste e tante altre domande hanno affollato per molti mesi la mente delle persone con un problema oncologico. Ciò ha generato paura, angoscia, rabbia e dolore.

Negli ultimi anni la preoccupazione di un eventuale contagio, associata alla difficoltà nell’erogazione dei trattamenti medici ha provocato o esacerbato vissuti di disperazione. Questi scenari hanno obbligato pazienti e specialisti a riflettere e considerare da un differente punto di vista lo stesso concetto delle cure. Dal curare il paziente, si è posta più attenzione al prendersi cura. Prendersi cura è un concetto molto più profondo del curare, già di per sé complesso. Prendersi cura è un principio che dovrebbe fondare l’assistenza sanitaria stessa. Se riusciamo a prenderci maggiormente cura della persona, il paziente risponderà meglio alle cure.

All’inizio della mia carriera universitaria ero motivato dall’idea di aiutare gli altri. E’ ciò che mi ha spinto ad intraprendere questo lungo percorso di studi. Col passare del tempo, grazie alle esperienze che ho vissuto, ho potuto toccare con mano che talvolta il paziente viene curato nel migliore dei modi ma non sempre il clinico, suo malgrado costantemente sotto pressione su più fronti, riesce realmente a prendersene cura. La crisi sanitaria degli ultimi anni, a mio parere, da una parte ha messo in risalto l’allontanamento umano da parte del professionista verso il paziente, dall’altro ha dato l’opportunità di cambiare rotta proprio su ciò che ha messo in luce.

C’è una importante differenza tra i due verbi inglesi, to cure e to care, che foneticamente e graficamente potrebbero apparire simili. Traducendo il loro significato in italiano infatti to cure, significa curare, mentre to care prendersi cura. La patologia oncologica non è solamente una malattia ma spesso è vissuta metaforicamente come un terremoto esistenziale. In quanto tale, il soggetto la vive come una minaccia alla propria integrità personale e alla propria identità, alla propria dignità di essere umano. Se a questo aggiungiamo la considerazione che il contesto ospedaliero può portare il paziente a percepirsi come un numero tra i tanti, il cocktail che porta all’angoscia è completo. Questi ultimi anni, caratterizzati da distanziamento sociale e scarsità di contatti umani, hanno paradossalmente fatto emergere l’importanza delle relazioni, comprese le relazioni terapeutiche.

Curare la relazione tra psicologo-paziente, tanto quanto quella tra medico-paziente o infermiere-paziente, è fondamentale affinché l’assistito non perda la percezione di essere se stesso. Il sanitario ha l’obbligo di sviluppare questa consapevolezza, tanto quanto il paziente ha diritto di riceverne i benefici effetti. Non solo ottobre rosa. Ogni mese dell’anno dovrebbe essere rosa!

Dott. Jacopo Grisolaghi

Psicologo – Sessuologo – Psico Oncologo

Ricercatore e Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica

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