“Dalla nave si torna ricchi sfondati, non di soldi ma della consapevolezza che sia ha quando si salvano delle persone in mare”. Dura trenta minuti la lezione di Cecilia Strada che ha inaugurato il nuovo anno accademico all’Università per Stranieri.
La portavoce di ResQ, un progetto umanitario che si pone il fine di salvare le vite dei migranti nel Mediterraneo, parla delle lezioni ricevute dalla sua esperienza vissuta sul campo. “La mia è un’impresa che si basa su valori dell’antifascismo. Diritti per tutti, senza se e senza ma – esordisce così la figlia del medico Gino Strada -. In acqua si impara che il mare è la vita degli esseri umani, chi ci va sa che il soccorso reciproco è un obbligo ed è un fatto di giustizia. Non soccorrere è invece un crimine”.
Ma il Mediterraneo, spiega, “non è più vita” ed è invece “la tomba delle persone e dei diritti, è diventato un inferno”. Strada attacca: “Da anni è in corso una criminalizzazione nei nostri confronti: veniamo aditati come criminali e fuorilegge e si dice che siamo d’accordo con trafficanti di essere umani. Quello che sta avvenendo è esattamente il contrario: le Ong salvano le persone in mare e le trasportano nei porti sicuri che sono la meravigliosa luce del diritto. La nostra missione è quella di spezzare il lavoro dei trafficanti – puntualizza-, ma questo sistema di respingimenti aumenta il traffico”. Ma per Strada si vedono anche le due facce dell’Europa: “quella della guardia costiera libica, pagata dalle nostre tasse, per riportare i migranti verso quelli che l’Onu chiama “inimmaginabili orrori” della Libia e quella del Continente che ha scelto di costruire una nave, equipaggiarla e farla andare nel Mediterraneo per proteggere le persone e salvare i diritti”.
L’attivista prosegue nella lectio: “Ho imparato anche a conoscere gli altri e si capisce che sono come noi. Le diversità che ci sono dipendono talvolta dalla fortuna, dal solo fatto cdi essere nato in una regione ricca del mondo. Si impara anche ad essere italiani: guardando negli occhi di chi soccorriamo troviamo la storia del nostro popolo, un popolo migrante che è andato in giro per il mondo per avere un futuro migliore”.
La chiosa è un appello: “Quello che stiamo vivendo in questi anni finirà sui libri di storia. Dopo la strage di Lampedusa nel 2013 avevamo detto ‘mai più’, ma ci sono stati, da allora oltre 30mila morti”, per cui. “l’Europa finirà nelle pagine di questi libri per il fallimento delle sue politiche. Da parte mia spero che nei libri ci finiscano anche le navi e gli aerei di soccorso e che si riesca a distinguere chi si è seduto dalla parte giusta durante questi eventi”
MC