“La gran parte della popolazione è vaccinata ed è protetta a breve”, ma “ci sarà bisogno di una terza dose, altrimenti le persone cominceranno a reinfettarsi quando l’immunità diminuisce”.
Rino Rappuoli, microbiologo e responsabile di Ricerca e sviluppo di Gsk, è categorico quando parla dell’opportunità di somministrare un’ulteriore dose di vaccino contro il covid, a distanza di qualche mese dalle due previste per completare il ciclo vaccinale.
L’iniezione di una terza dose, in alcuni paesi, non è un tabù: in Israele sono 2 milioni i cittadini che, da agosto, l’hanno avuta e presto il paese dovrebbe allargare la campagna anche agli under 30; negli Usa è stata autorizzata per over 12 che hanno subito un trapianto o a cui è stata diagnosticata una condizione che si ritiene abbia un livello equivalente di immunocompromissione.
L’Italia, per il momento, si muove con cautela mentre dibattito ferve. Anche a livello continentale l’Ema ha detto che “non è stato ancora determinato quando potrebbe essere necessaria una dose di richiamo per i vaccini Covid e per quali fasce di popolazione”. Sull’argomento Rino Rappuoli appare però deciso e non è la prima volta che si dice a favore sul somministrare una terza dose di vaccino anti-covid: “Oggi esistono tre tipi di immunità per fronteggiare l’avanzata del virus: l’immunità naturale, che offre una protezione bassa; l’immunità prodotta dai vaccini, già più alta; l’ immunità hybrid’, che si riscontra nei pazienti infettati che sono guariti e poi si sono anche vaccinati, che è altissima. Per rafforzare le difese e limitare il più possibile la circolazione del virus, forse sarà necessaria una terza dose di vaccini, a distanza di 6 mesi o un anno dalle prime due”, questo era stato il suo intervento a luglio alla “Giornata del ricercatore” alla Fondazione Maugeri di Pavia.