foto di Antonio Cinotti
A poco più di un anno dalla sua formale inaugurazione (ma, in realtà, se ne parla dal 1995) il tratto toscano della Via Francigena è già un tale successo, misurato in migliaia di viandanti ogni anno, che già si affacciano altre strade, che si staccano proprio dal percorso verso Roma per raggiungere altre parti della nostra regione.
Una specie di strada-madre che ha delle diramazioni, che proprio come figlie (se così possiamo chiamarle) hanno loro caratteri particolari e diversi – e non vanno quindi mai confuse – ma tutte insieme formano una Toscana da valorizzare durante tutto l’anno, al pari di quella dei grandi vini, quella degli agriturismo e quella dell’arte e della cultura.
Dalla Lunigiana, ad esempio, parte la Via dei Cavalleggeri, un’ippovia che collega i punti di avvistamento costiero del sistema difensivo costiero del Granducato di Toscana con torri e forti collegati tra loro e con i centri urbani fortificati, ovvero il modo migliore per conoscere – dall’alto – tutto il mare della Toscana.
Parte invece da Lucca, l’itinerario di Matilde di Canossa, che risale le valle del Serchio, arriva alle terme di Bagni di Lucca e prosegue poi per la Garfagnana, fino ad arrivare al castello della grande Contessa in terra di Emilia.
Si prosegue lungo la Francigena ed è a San Miniato che si incrocia l’antica Via Salaiola che arriva fino a Volterra, da dove partivano i fondamentali carichi di sale diretti a Firenze.
Siena è invece il punto di stacco della Via Lauretana, che attraversa le Crete senesi, passa da Asciano e poi prosegue per Umbria e Marche fino alla Santa Casa di Loreto.
E c’è infine, da Radicofani a Sarteano e fino a Chiusi, la Strada Traversa, per la quale è già stato stipulato un accordo fra le tre amministrazioni comunali.
Quando si pensa ad un modello unico ed originale di gestione e promozione della Via Francigena, sarebbe importante tenere conto anche di questa caratteristica peculiare: non un fascio di strade convergenti in un’unica direzione, ma un percorso principale, che non si esaurisce in se stesso, ma anzi si autoalimenta, generando costantemente curiosità ed occasioni di approfondimento (e quindi di nuovi viaggi) in zone diverse e molto differenti fra loro.
Questo sì, sarebbe un progetto strategico su cui lavorare nei prossimi anni, per dotare tutte queste vie – esempio concreto di turismo sostenibile e diffuso – della necessaria sicurezza di percorrenza e di una omogenea quantità e qualità dei servizi.
Roberto Guiggiani