Viaggio nei tesori delle vie dell’acqua: alla scoperta del Bottino di Fonte Nuova

Ottocentocinquantametri di lunghezza e oltre venti metri sotto terra: dopo il periodo del lockdown, stanno per tornare visibili e visitabili – ancora non a pieno regime – i bottini di Siena.

E no, non chiamateli acquedotti medievali senesi perché a differenza dell’acquedotto, che l’acqua la porta, il sistema dei bottini è stato così ingegnoso da intercettarla, l’acqua, in una città come Siena che di acqua non ne aveva.

E poi medievali si fa per dire, la storia di questi percorsi sotterranei vede la luce in epoca etrusca ed essi sono stati usati fino alla prima metà del secolo scorso, fino alle guerra. E ancora oggi, a prescindere dal fascino che evoca il passaggio nel ventre della città, i bottini possono ancora parlarci e possono ancora – soprattutto – mostrarci idee sostenibili per il futuro.

Ieri sera, grazie al grande lavoro dell’associazione La Diana, che si occupa di tutelare e valorizzare tutto ciò che ruota intorno alle Acque di Siena, dalle fonti ai bottini. Con visite guidate, piccola manutenzione e da poco anche con il corso per bottinieri che sta riscuotendo enorme successo, con oltre cento iscritti, la redazione del nostro giornale ha visitato il bottino di Fonte Nuova.

 

 

Dal racconto delle vasche e delle fonti, parte finale del viaggio sotterraneo, fino all’altezza dell’Antiporto (dove il bottino arriva e finisce): una camminata nella storia toccando con mano i secoli passati e il lavoro dell’uomo, tastando le paure e le speranze di quanti in tanti secoli sono passati da quei cunicoli, li hanno costruiti, li hanno fruiti. Croci ortodosse o semplicemente linee, quasi per riuscire a tenere il conto del tempo che passa anche quando non si vede la luce del sole, ritratti incisi sulle pareti di pietra che riportano a desideri e sogni lontani, e fossili marini che raccontano di un’era lontanissima di questo territorio. Di quando a Siena c’era il mare (pliocenico): conchiglie e depositi di lignite sono lì a raccontarlo. Storie e leggende che si susseguono come gli strati di terra e pietra che parlano del passaggio dei tempi, partendo proprio dalle “botti” costruite in mattoni fino a vedere almeno tre faglie.

Strati di arenaria si fanno leggere come un libro e raccontano il passato del nostro territorio. Ma questa città sotterranea porta anche alla continua scoperta di meravigliose concrezioni calcaree, i cui colori si spostano dal bianco candido al castano caldo del caramello, e fa conoscere le testimonianze di chi ha lavorato per costruirli e mantenerli.

I bottini sono del Comune. Ma la tutela e la salvaguardia è affidata, grazie ad una convenzione quasi trentennale, all’associazione La Diana, un gruppo di cittadini che si è impegnato a manutenere questi cunicoli.

L’attuale presidente dell’associazione è Andrea Morini: “La mia passione è nata per motivi professionali. Quando lavoravo per il progetto sul Museo dell’Acqua, nel 2006, (un importante complesso museale che permette di conoscere l’intero sistema dei bottini e chepurtroppo non ha ancora riaperto) ho scoperto un mondo – afferma-. Così mi sono interessato e sono entrato nell’associazione. Questi cunicoli sono qualcosa di magico che riporta indietro la mente a secoli fa, al tempo di romani ed etruschi. I bottini narrano la nostra conformazione geologica e sono la storia parallela di Siena, delle sue epoche e della sua vita passata”.

Katiuscia Vaselli
Marco Crimi

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