foto di Antonio Cinotti
La storia del classicismo altro non è che la storia della scrittura “alla maniera di”. Può cambiare il registro dell’operazione (ludico, satirico, serio), può mutare la modalità della ripresa del modello (imitazione, trasformazione), ma, in ogni caso, almeno all’interno della letteratura occidentale, da Bacchilide fino al Postmoderno, la continuità con la tradizione (e dunque l’intertestualità), non la frattura con essa (e dunque l’originalità), costituisce l’autentico filo rosso che la percorre e la unisce.
Da questo punto di vista, il delizioso volumetto scritto da Vincenzo Coli e impreziosito dalle illustrazioni di Giancarlo Biscalchin (oltre che dalla Prefazione di Alessandro Falassi) s’inscrive a pieno titolo in questa letteratura che concepisce lo scrivere sempre come un ri-scrivere, il cantare sempre come un ri-cantare. Estremamente eloquente suona, al riguardo, il sottotitolo del libro, che l’autore definisce “innocente prova di scrittura, gioco privo di pretese culturali, ghiribizzo della memoria assolutamene superfluo e proprio per questo plausibile”: Quindici racconti “alla maniera di” invitano alla grande cucina senese.
E se lo stile di ciascuno dei quindici capitoli rappresenta un elemento di differenzazione per gli stessi (si passa, infatti, dalla prosa essenziale di Hemingway al pastiche di Gadda, dalle ampie partiture di Proust al flusso di coscienza di Joyce), a unificarli, invece, contribuisce l’ambientazione senese – almeno nel loro epilogo – delle storie raccontate. E’ quanto avviene anche in “Alla maniera di Vladimir Nabokov: Viaggio in Italia. Con Lolita”:
“Le strade bianche del Chianti furono il sontuoso saluto di benvenuto della vecchia Europa al figliol prodigo con nipote teenager al seguito, o forse giovanissima amante, per fortuna qui nessuno faceva domande indiscrete. Non il primo saluto, in verità. Prima c’erano stati il Canal Grande a Venezia, il balcone di Giulietta a Verona, il castello estense a Ferrara. Tutte occasioni per fare a Lolita il ripasso di storia medievale. E poi, finalmente, Tuscany sweet Tuscany. Il paesaggio, tra il verde smeraldino delle colline, il fulvo mattonato dei casolari e l’oro della luce di mezzogiorno più nitida che potessimo sperare, aveva come unica controindicazione la polvere sollevata dalle ruote. Il fatto che viaggiassimo su una volkswagen cabriolet presa a noleggio, il cui tettuccio bloccato non riuscivamo a tirar su, obiettivamente non aiutava. Partiti da Firenze dopo aver visitato gli Uffizi e gustato il gelato da Gilli, intendevamo taggiungere Siena sull’asfalto della via Cassia, ma avevamo sbagliato strada, ormai era chiaro. Gli occhi di Lolita erano arrossati, la labbra tumide sputavano moscerini e minacce”.
Vincenzo Coli – Gianluca Biscalchin, Falsi di gusto, Siena, nuova immagine editrice.
a cura di Francesco Ricci