Quando l’uomo non fa l’Uomo: la violenza sessuale fuori e dentro casa.

“Se l’è cercata…era troppo provocante!”. Commenti di questo tipo, a seguito di violenze sessuali, non sono, ahimè così infrequenti, tanto quanto la logica aristotelica e una media razionalità farebbe presupporre. Una recente indagine condotta dall’Associazione Italiana per la Ricerca in Sessuologia suggerisce che, nel nostro paese, il 56% degli uomini, il 33% delle donne e addirittura del 74% dei giovani tende a colpevolizzare le donne stesse, vittime di reati a sfondo sessuale. Sono in molti a pensare che i cambiati costumi della società abbiano indotto le donne a essere “troppo” libere e ambigue sessualmente, rendendole talvolta responsabili della violenza sessuale che possono subire. Non stupisce dunque che poi, alcuni possano pensare che, se le donne fossero meno provocanti, la violenza sessuale nei loro confronti diminuirebbe. Tutto questo è dovuto solo a una sorta deficit mentale collettivo o alla semplice ignoranza? Alla luce dei numeri del fenomeno, probabilmente nessuna delle due.

L’ISTAT ci suggerisce infatti che ogni giorno in Italia sette donne denunciano di aver subito una violenza sessuale. Possiamo dunque immagine in quante siano a non denunciare quanto subito. Questo può avvenire per vergogna, degrado sociale o addirittura per coprire il molestatore stesso, che da principe azzurro si è trasformato in orco. Entrando nello specifico, che cosa si intende per violenza sessuale? La violenza sessuale può concretizzarsi con lo stupro e il tentato stupro, con varie forme di atti sessuali violenti o messi comunque in atto nei confronti di persone non consenzienti. Questi comportamenti possono essere messi in atto attraverso comportamenti o atteggiamenti intimidatori. La violenza, in questa accezione, non è solo fisica ma anche psicologica e può comprendere persecuzioni, minacce e ricatti. Tutto ciò comporta un delitto riguardo sia all’integrità fisica che psicologica di chi la subisce.

Capiamo bene che gli atti sessuali violenti possono essere molteplici: stupro intrafamiliare, messo in atto da parte di persone conosciute o sconosciute, stupro in contesti di guerra o nell’ambito di conflitti interetnici; molestie sessuali, inclusa la richiesta di prestazioni sessuali in cambio di favori; abuso sessuale su persone con handicap; abuso sessuale su minori; matrimoni forzati, inclusi quelli combinati con bambini; atti violenti contro l’integrità sessuale femminile, incluse le mutilazioni genitali e l’imposizione di visita ginecologica per accertare la verginità; la coercizione alla prostituzione e il traffico di individui allo scopo di sfruttamento sessuale…solo per dirne alcuni! E’ possibile tracciare un profilo di questi uomini che non si comportano da Uomini? Da Psicologo non adoro le etichette. Nello specifico, peraltro, sarebbe arduo tracciare un profilo dello stupratore, anche perché, rischierei di banalizzare e standardizzare inopportunamente l’argomento stesso. Mi limito pertanto a riportare alcune voci tra quelle emerse in letteratura. Da un punto di vista psicodinamico la violenza sessuale rappresenta, da parte di colui che compie suddetto reato, una non capacità a simbolizzare i propri più profondi impulsi: la persona non riesce cioè a gestire l’istinto. Secondo alcuni suddetta pulsione ha una matrice sadica e il piacere stesso lo si può ritrovare nel vedere soffrire la vittima. Non stupisce poi che molti studi abbiano individuato nel violentatore una debolezza e una forte insicurezza che caratterizza i propri tratti di personalità. In alcuni di questi soggetti è stata rilevata una chiara tendenza al froutterismo, cioè quella perversione che indica il trarre piacere attraverso lo strofinarsi a terzi non consenzienti. Diversi studiosi hanno poi sottolineato la presenza di idee paranoiche in coloro che mettono in atto questi comportamenti, oltre ad alti livelli di dipendenza dagli altri:

in altre parole, temendo le donne, cercano di distruggerle. Freud considerava questo agire come una pulsione di impossessamento: la donna è considerata un oggetto da possedere. Tutto questo può avere a che fare con la gelosia? Molte violenze, in particolar modo quelle intrafamiliari, nascono proprio da una sorta di delirio di gelosia. Una vecchia canzone suggeriva che “Amore vuol dir gelosia”. Ovvio che in un rapporto d’amore un “pizzico” di gelosia possa essere considerata naturale ed assumere anche una certa funzionalità all’interno della coppia. Ma che cosa avviene se la gelosia si trasforma in violenza? In questi casi, più che amore è la dipendenza affettiva ad avere la maggiore. Uno dei due partner tende a soffocare i bisogni dell’altro, attaccando costantemente la sua personalità per soddisfare la propria dipendenza. La relazione di coppia, sotto queste circostanze, perde uno degli elementi base di ogni rapporto: il rispetto. Un ultimo concetto fondamentale, attraverso le parole di uno tra i più discussi, nel bene e nel male, pensatori del secolo scorso. Osho scrive: “L’amore si protende verso l’altro senza timore, con l’incrollabile fiducia che sarà accolto…e viene sempre accolto. La paura è un ritrarsi in se stessi, un chiudersi, serrando tutte le porte e le finestre in modo che né il sole, né il vento, né la pioggia possano raggiungerti. Tanta è la paura, che ti seppellisci vivo. La paura è una tomba, l’amore è un tempio”. Coraggio uomini, facciamo gli Uomini!

Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo e Sessuologo – Dottore di Ricerca in Psicologia

Katiuscia Vaselli

Nata nel cuore di Siena, giornalista e contradaiola fervente. Ora Capo-redattorice di Siena News e Presidentessa di Dinamo Digitale.

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Katiuscia Vaselli

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