Mors tua vita Pea: Scariolo torni pure sulla Costa del Sol, tanto a Milano ci penserà D’Antoni…

 

 

mors tua vita ...pea

Aspettando Montepaschi-Olympiakos, che continuerò a scrivere con il kappa, e pronosticando un 3-2 per Siena, ma forse anche un 3-1, provo a scacciare i cattivi pensieri perché in fondo è il primo giorno di primavera. Apro i balconi e i prati sono in fiore, come cantava se non sbaglio Nicola di Bari. A Istanbul, che non è un errore scrivere con la enne, ci voglio tornare dopo aver perso tempo fa con Milano e D’Antoni contro Djordjevic e Danilovic. Tra pietre e sassi le lucertole allungano il collo per beccarsi tutto il sole e maledicono con me l’inverno che è ormai fuori dalle mura (e dai coglioni). I bambini giocano allegri nel cortile della scuola di Porta Laterina, contrada della Pantera e di quel pazzo del grande Fede. Stasera contemporaneamente gioca anche la Robur cercando a Napoli la storica, difficile impresa: mi piace Sannino senz’altro molto più di Mazzarri, ho un debole per Brienza ma Lavezzi è un’altra storia. Mi tolgo il pullover ma – state sereni – non resto in braghe di tela, ma solo in maniche di camicia. La vita è bella e Rocco da quando è nato non ha ancora perso una partita: suo padre può essere anche rossonero, ma lo so che mio nipote già tifa Juve. Sposo un pensiero di Luc Besson, finissimo regista francese: “Il bello del (mio) mestiere è che tu invecchi, i tuoi film no”. Potrei dire anch’io la stessa cosa? Forse sì se mi sembra ancora ieri quella notte insonne passata assieme a D’Antoni che non si capacitava perché Petrovic, un ragazzino, l’aveva bruciato sul tempo e l’aveva fatto nero. Più nero di Bob Mc Adoo alla frontiera di Mosca dove gli hanno controllato il passaporto per una bella mezzora.

 

D’accordo, sto menando il torrone da non dire come scriveva ogni due pezzi su tre Gian Maria Gazzaniga, pace all’anima sua. E’ vero: me la sono presa molto ma molto comoda cercando di girare alla larga da Sergio Scariolo perché in fondo il bagnino di Pesaro, come lo chiamava il grande Grigo, non è poi un cattivo figliolo e nemmeno un malvagio allenatore. Solo che per dire le cose che ha detto e non detto nelle ultime due settimane sputando più del lama Ibra contro Siena, gli arbitri e il sistema, sputtanando i colleghi e malfamando il basket italiano, forse poteva anche restarsene sulla Costa del Sol ad allenare la squadra campione d’Europa e abbassare così il suo handicap di golf che è ancora incredibilmente superiore a quello del caro Paron Zorzi che pure con la schiena che si ritrova, mi raccontava giusto ieri, non gira più le spalle. E allora è per questo che la pallina butterata non gli vola più lontana come una volta quando gli facevano un baffo gli ostacoli d’acqua che sul campo di Grado sono più insidiosi e fitti dei canali in laguna.

 

Il tamburino della Pantera suona dal colle preparandosi alla sfilata del prossimo Palio e io alla partita dei playoff europei che si giocherà stasera fuori dalle mura dove l’inverno è passato e non ha fatto danni. Anzi. La Montepaschi ha conquistato la sua quarta Coppa Italia di fila anche se nessuno, o quasi, se ne è accorto e comunque non ha celebrato l’impresa come si doveva. Vedi lo stesso Sport Week della Gazzetta che nel sabato successivo alla quattro giorni di Torino, che pure aveva sponsorizzato, ha sparato in prima pagina Danilo Gallinari e non l’mvp David Andersen che mi sbaglierò anche ma forse ha vinto qualcosa più del Gallo che sta nel basket come il buon Brienza se paragonato a Pirlo. O no? In verità tutto quel che di buono fa e ha fatto la Montepaschi in questo ultimo lustro è acqua fresca, mentre basta una piccola fratturina al pollice del povero campioncino dei Nuggets per gettare nello sconforto tutto il BelPaese e mobilitare tutti i siti della Banda Osiris. La quale, datemi retta, sta preparando zitta zitta il gran ritorno del suo Michelino D’Antoni sulla panchina di Milano. Alla faccia di Sergino Scariolo che pure, per ingraziarsela, ha scelto nell’Armani come suo secondo Orate Frates. Ma non è evidentemente bastato.

 

Un giorno anche magari vi spiegherò come sia stato possibile che Livio Proli, dopo aver invano bussato alla porta di Pianigiani e Messina, abbia cambiato improvvisamente idea sul conto di Scariolo e l’abbia riempito di pepite e di coccole, però ora dovete prima voi aiutarmi a decifrare la criptica biro apparsa sulla Gazzetta del 10 marzo scorso nella quale è riportata parte dell’intervista che la terza (o quarta?) scelta di Proli aveva appena rilasciato a Radio 24. O kappa, rileggiamola insieme: “Si respira un’aria un po’ rancida, di lobby, di situazioni ormai incancrenite, di poteri intoccabili. Un sistema molto ingessato nel quale chi aveva la possibilità (ovvero?, ndr) e la responsabilità di non fare cadere il basket in basso e nel degrado attuale (quale?, ndr) non lo ha fatto pensando più a coltivare i propri interessi. Ho provato sulla mia pelle cose di cui tutti (la Banda Osiris forse?, ndr) mi avevano parlato. Colpa di Meneghin? Assolutamente no (e allora di chi, di grazia?, ndr). E’ qualcosa (cosa?, ndr) che riguarda le società e il mondo arbitrale”. A me pare invero un discorso più contorto di una pianta di baobab sul quale il procuratore Alabiso, invece d’insabbiare, avrebbe dovuto indagare perché almeno il volgo capisse con chi Scariolo ce l’avesse e con chi ancora ce l’ha. E comunque, già che ci siete, datemi una mano a ricordare se nella storia del nostro basket è mai esistita una squadra che è costata più di questa Milano? Non credo o forse la Bologna di Cazzola e Messina che però ha vinto tutto quello che c’era da vincere in Italia e in Europa…