Leggo con piacere dell’accordo fra il nostro Ente nazionale del Turismo (Enit) e la piattaforma Netflix per “per rafforzare il legame tra la produzione audiovisiva in Italia e la promozione turistica”.
E penso con dolce malinconia che sono vent’anni che i turisti vanno a Cortona, grazie al film “Sotto il sole della Toscana”, ed in Valdorcia a cercare la strada de “Il gladiatore”. Ed ormai da settant’anni gli americani (e non solo loro) visitano Roma sperando di rivivere la gioia di Audrey Hepburn e Gregory Peck in vespa nelle loro “Vacanze romane”.
Ne abbiamo parlato anche all’Accademia dei Fisiocritici di Siena, lo scorso 8 aprile, con Lorenzo Benocci e Cristiano Pellegrini, autori del libro “Valore Val d’Orcia”: e, coinvolgendo nella conversazione anche Sonia Pallai, responsabile turismo di Anci Toscana, abbiamo commentato con un filo di ironia che mentre non c’è ancora nessun cartello ad indicare appunto la cosiddetta strada del gladiatore, l’attrazione turistica è invece ben geo-referenziata su Google Map. In altre parole, grazie ai film ed alle serie, i turisti si fanno le loro mappe di viaggio, a prescindere dalle politiche di accoglienza degli enti territoriali.
Insomma, il protocollo d’intesa fra Enit e Netflix non ci dice nulla di nuovo, ma farcisce la torta con qualche numero, che oggi sembra diventato obbligatorio produrre per giustificare qualsiasi azione. Ad esempio, grazie ad una ricerca della società Basis su un campione rappresentativo della popolazione in sei grandi paesi (Brasile, Francia, India, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti), si dice che tra le persone che hanno guardato “contenuti italiani”, la probabilità di considerare l’Italia come la propria prossima destinazione turistica, è doppia rispetto a chi non ha visto contenuti italiani. Così come non trovo nient’affatto sorprendente che – sempre secondo la stessa ricerca – gli aspetti dell’Italia maggiormente apprezzati sono la storia, la cucina e la cultura.
Mi dispiace essere cinico, anche se spesso è molto divertente, ma sinceramente non c’era bisogno di spendere soldi in sei paesi per sapere queste cose: erano sufficienti dieci minuti per chiederle ad una o due persone, volendo anche tre, che si occupano di turismo da tanti anni.
Un aspetto invece interessante di questo accordo – che rientra in una strategia internazionale di Netflix che ha redatto alcuni mesi fa una ricerca insieme all’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite (Unwto) – è invece quella di andare a promuovere l’Italia laddove ci sono milioni di abboanati in tutto il mondo. Associando l’immagine di una destinazione turistica come l’Italia ad un marchio con reputazione positiva come Netflix e costruendo contenuti che non siano soltanto promozionali, ma abbiamo un valore artistico ed emozionale di alto livello.
Roberto Guiggiani