Guido Bastianini la volontà di adire a vie legali contro Mps l’aveva maturata subito. Appena messo a conoscenza che il cda aveva deliberato di revocargli le deleghe di direttore generale e amministratore delegato. Era il febbraio dello scorso anno e Rocca Salimbeni aveva deciso di “mettere da parte” il banchiere per fare spazio a Luigi Lovaglio. Più in linea con il governo guidato da Mario Draghi e con il titolare dell’Economia, Daniele Franco.
L’ex dirigente da allora non si è guardato più indietro e contrariato per le modalità con le quali è stato allontanato dal vertice dell’istituto di credito, è andato fino in fondo. Da sottolineare che alla rimozione delle deleghe fecero seguito il licenziamento e la revoca come membro del cda. Il procedimento legale, che risalirebbe all’estate passata e sarebbe basato sul mancato accordo sull’uscita, è stato reso noto all’interno delle domande formulate alla banca in vista dell’assemblea di domani.
Il banchiere ha chiesto al Tribunale di Siena, con giudizio pendente in primo grado, l’accertamento della nullità del licenziamento e la reintegra nel posto di lavoro, con ogni conseguenza risarcitoria, e in via subordinata, l’accertamento dell’ingiustificatezza del licenziamento con condanna di Mps al pagamento dell’indennità supplementare. Inoltre, e “in ogni caso”, Bastianini ha chiesto l’accertamento della persistenza del rapporto di lavoro e la condanna Mps al pagamento fino alla riammissione in servizio.
Prima di arrivare alla rottura, il dirigente aveva incontrato l’ex dg del Tesoro, Alessandro Rivera, in qualità di rappresentante dell’azionista di maggioranza. Tra i punti contestati, “la posizione talvolta ambigua tra la definizione di un piano industriale stand alone ed un piano al servizio di un’operazione strutturale auspicato”. A ciò si aggiunge un “atteggiamento non pro attivo nell’identificazione del percorso strutturale”. Ci sono poi “i disallineamenti nell’esecuzione di alcune delibere consiliari” a lui delegate e “il fraintendimento creato rispetto all’audizione parlamentare la cui segretazione non è stata preventivamente autorizzata” dal cda che dunque “non ha potuto licenziare il testo consegnato alla commissione né tantomeno conoscere il testo dell’adunanza”.