Il caldo d’agosto mi leva il respiro e il sonno, di questi tempi, a passo svelto e solo come un cavallino scosso passo da Piazza per raggiungere i citti del mio gruppo in società. In questi giorni per la prima volta dopo tanti anni la pietra sotto i miei piedi è nuda, privata del tufo. Ho passato diversi mesi ad abituarmi all’idea, ma per quanto cerchi di distrarmi, addirittura studiando un po’, il mio pensiero ricade sempre lì. Non tanto al ricordo di cosa si faceva lo scorso anno a quell’ora, quanto ai dettagli unici che mi riempiono il petto d’emozione ogni volta da anni. Il suono dei brevi tonfi sordi degli zoccoli dei cavalli sulla pietra serena. Il legno scuro dei palchi al sole che brucia la pelle. L’odore del tufo bagnato, quelle volte in cui piove, che si insinua tra i mattoni di Piazza e ne disegna i confini e le striature. Cantare, cantare forte, con gli amici di sempre dietro al cavallo, con la speranza nel cuore. Il Palio m’infiamma e adesso anche se l’afa mi cuoce vivo in un piccolo inverno personale.