Siena

Presunta violenza sessuale a Chianciano, la Procura respinge le accuse sull’inosservanza del codice rosso: “Misure cautelari non necessarie”

Sul caso della presunta violenza all’atleta uzbeka a Chianciano Terme la procura di Siena “respinge fermamente le accuse di inerzia pubblicamente mosse ed in particolare di inosservanza” della misura del codice rosso.

A dirlo, in un comunicato, è il procuratore capo Andrea Boni che ha dato la sua versione dei fatti su quanto sarebbe accaduto lo scorso agosto

Lo scorso 5 agosto, si legge nella nota, venivano sequestrati i cellulari degli indagati e prese le testimonianze di otto persone, sei italiani e due tedeschi. “La stessa polizia giudiziaria provvedeva a verificare l’eventuale esistenza di telecamere di videosorveglianza ed estrapolava immagini utili alle indagini provenienti dal sistema di sicurezza pubblico”, recita il testo. Tutto è accaduto dopo che i carabinieri di Chianciano hanno raccolto la testimonianza.

Lo stesso giorno il magistrato titolare del procedimento Serena Menicucci ha provvisto “alla tempestiva iscrizione del fascicolo ipotizzando, a carico di due soggetti maggiorenni”. L’ipotesi di reato formulata è violenza sessuale. Il 9 agosto “la presunta persona offesa veniva sentita a sommarie informazioni testimoniali con l’ausilio di un interprete e di un’esperta in psicologia”. Il 10 agosto invece la squadra mobile di Roma ha sequestrato il telefono della giovane. Il 27 febbraio, dopo tutta una serie di verifiche da parte dei magistrati e la chiusura delle indagini da parte dell’autorità inquirente, è stata depositata la richiesta di incidente probatorio.

Quindi ci sono le precisazioni: “Spetta alla federazione ogni e qualsiasi competenza in ordine all’eventuale sospensione di attività sportiva di atleti e tesserati”. E poi Boni prosegue:  “La Procura della Repubblica, nel corso di tutte le indagini sino ad ora effettuate, ha valutato di non procedere con richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti degli indagati non ravvisandone i presupposti, decisione della quale se ne assume ogni responsabilità ed in relazione alla quale è pronta a dare ogni e qualsiasi spiegazione nelle opportune sedi”.

Le indagini preliminari, secondo i termini di legge, hanno una durata di 18 mesi.

marco crimi

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