Il ‘casus belli’ è rappresentato da tre borse di pelle di rettile: per Claudia Neri, imprenditrice senese e titolare de L’atelier, potevano essere regolarmente vendute; invece per i carabinieri, operanti al Mercato delle Pulci che si è svolto nello scorso weekend ad Arezzo, questo non si poteva fare.
Così tra la donna e i militari ne è nato un alterco e successivamente l’esercente è stata denunciata, sia per la vendita illegale della merce che per resistenza alle forze dell’ordine.
È lei che in un post sui social racconta la sua versione dei fatti e che, ironicamente, parla di un “nuovo intelligente metodo dei carabinieri” per “sventare il traffico illegale di animali esotici protetti”.
La commerciante stava esponendo la sua merce tra cui, appunto, le tre borse(“una vecchia borsetta della nonna, una tracolla etnica e una tracolla di coccodrillo di Nazareno Gabrielli anni 80/90 datami da una amica”). Per questi oggetti, afferma, “un uomo e una donna fingendosi clienti hanno chiesto informazioni” per poi “presentarsi come forze dell’ordine, carabinieri per l’esattezza, e chiedere il sequestro”.
“Ho detto che erano borse vecchie, vintage con regolare marchio, tipica borsa della nonna o della mamma, e che ho sempre saputo che essendo vecchie e usate erano regolari per la vendita – è stata la risposta dell’esercente-. Mi hanno detto che invece si possono tenere ma non si possono vendere e che me le sequestravano. Al mio rifiuto di consegnarle e di seguirli in caserma, almeno fino alla fine del mio “lavoro”, sono stata denunciata”.
Durante il confronto con i militari, la negoziante ha espresso il suo grande disappunto per l’approccio delle forze dell’ordine, sottolineando che il Mercatino delle Pulci non era per lei il luogo adatto per scovare i trafficanti di animali esotici protetti (“tutt’altri luoghi e tutt’altre persone erano da controllare”). Non solo: l’imprenditrice ha chiesto perché gli uomini dell’Arma fossero a sequestrare borse e cinture vintage anziché concentrarsi su altri tipi di attività illegali.
“Tre sono stati i confronti avuti dove hanno provato a spiegarmi la legge e il loro operato – si legge -. Ossia che è vietato vendere borse di rettile anche se prodotte in anni in cui non esisteva ancora il controllo della provenienza degli animali esotici. Inizialmente tra l’altro avevo capito che il commercio di animali esotici fosse proibito, cosa che considero giusta, invece no, il commercio e la lavorazione sono tutt’ora consentiti, ma devono essere vagliati dall’autorità giudiziaria”.
“Gli ho chiaramente detto che erano dei disonesti, delle persone ignobili e che venire in quel luogo a cercare trafficanti non era il giusto modo di fare il loro lavoro”, si legge ancora. “Ad un certo punto i primi due che hanno cercato di spiegarmi la loro posizione che nemmeno per un momento ho accettata, si sono visti costretti a chiamare il comandante dei carabinieri. Il quale è venuto e per me non è cambiata la situazione né tantomeno la mia reazione a controbattere la loro posizione”.
Alla fine la negoziante ha ceduto al sequestro delle borse sotto la pressione della figlia, preoccupata dalla situazione. “Naturalmente – spiega – io non sono contro la legge, anzi sono perché venga applicata nel modo migliore per ottenere buoni risultati utili per tutti i cittadini onesti, compresa me. Sicuramente qualcosa c’è da cambiare se non può essere venduta una borsa regolarmente acquistata 30,40,50 anni fa che non ha i certificati che vengono prodotti adesso”.
“Ma principalmente – sottolinea-. non è giusto che ben quattro operatori dello Stato pagati dai cittadini trovino che il modo migliore per fermare il traffico illegale di animali esotici protetti sia venire al mercatino delle pulci e sequestrare cinque vecchie borse e due cinture a due persone che per arrotondare legalmente vendono vecchie cose. Tanti dei “colleghi” presenti si sono sorpresi e complimentati del mio coraggio, forse lo pagherò ma come ho detto anche a loro era il minimo di fronte ad una situazione del genere”.
“Ci sarebbe molto altro che ho detto e da dire ma mi fermo qui per ora. Ho firmato il verbale. Alla domanda se avevo qualcosa da dichiarare ho risposto che ne avevo ma lo avrei fatto in altra sede – conclude-. Ho firmato il verbale di invito a nominare un difensore, facendomene dare uno d’ufficio So che proverò come ho detto anche a loro, a non farla finire qui”.