
“Abbiamo bisogno di integrazione, di giustizia, di inclusione. La loro assenza è il sintomo di una società che si sta disgregando, innanzitutto dal punto di vista sociale”. Lo dice il rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari a margine di “Aspettando il 25 aprile”, l’evento dell’ateneo dedicato all’ottantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia. Il rettore stava parlando dei gravi fatti di violenza avvenuti negli scorso giorni.
“Quanto a Siena, mi torna in mente una frase pronunciata dal Papa durante il Covid: “Non pensavate di rimanere sani in un mondo malato”. Nessuno si salva da solo. Serve un progetto di società giusta, capace di parlare anche ai giovani che si affacciano all’età adulta. Credo che la violenza sia sempre un sintomo: sta a noi cercare la malattia e, possibilmente, curarla”.
“Il fenomeno della devianza giovanile è un piccolo ma significativo termometro della direzione in cui sta andando la nostra società – ha detto il giornalista Paolo Berizzi, intervenuto all’iniziativa -. L’odio esercita un fascino sui giovani, soprattutto nei momenti di crisi: quando mancano riferimenti valoriali e culturali, e quando si vive un periodo di smarrimento sociale, economico e politico. In quei momenti, l’odio diventa una calamita, qualcosa che attira, che affascina. È anche per questo, scavando sotto la superficie, che la violenza riemerge nelle sue forme più brutali: dalle baby gang al fenomeno recente dei “Maranza”, spesso giovani italiani di seconda generazione. Questi ragazzi vengono presi di mira da gruppi che si autodefiniscono patrioti, da italiani in giubbotti e camicie nere, spesso legati a formazioni neofasciste che hanno dichiarato guerra ai maranza. Così nasce una nuova conflittualità sociale, una miccia accesa che già sta deflagrando in molte città. Siena è stata finora un’oasi relativamente felice, ma il timore è che questa tensione si estenda anche ai piccoli centri e ai comuni più ridotti”.