Dal mondo del vino si alza un coro di protesta contro le scelte fatte dal Governo. A protesta è il presidente del Consorzio Vino Chianti Giovanni Busi che sostiene che è “ abissale la distanza che separa gli innumerevoli annunci fatti dall’Esecutiva attraverso conferenze stampa quasi quotidiane e la realtà con cui puntualmente le nostre aziende fanno i conti il giorno dopo, quando le banche sbattono loro la porta in faccia negando ogni forma di aiuto” . Le aziende vitivinicole sono nel mezzo di una grande difficoltà, come evidenzia Busi “siamo costretti a continuare l’attività perché l’agricoltura non può fermarsi e uno stop significherebbe per noi abbandonare i nostri vigneti con il rischio concreto di non avere poi la forza di ripartire.”
Così i produttori hanno dovuto optare per scegliere misure drastiche. Lo stesso Consorzio del Chianti, si legge in una nota ha deciso di optare per una produzione del 20% . La scelta causerà ” gravi danni economici per le aziende- questo l’allarme di Busi-. Una scelta indispensabile per mantenere in equilibrio la produzione con il mercato. Dall’altra parte non possiamo che notare con sgomento e profonda preoccupazione che il Governo, aldilà degli annunci televisivi e dirette facebook, non ha ancora previsto alcun sostegno concreto per permetterci di sopravvivere.”
“Noi siamo anche disposti ad indebitarci nell’interesse del Paese per salvaguardare la nostra attività, ma per poterlo fare non possiamo prescindere dalla garanzia che lo Stato deve darci, prevedendo, fra le altre misure- commenta Busi-, l’annullamento momentaneo degli accordi di Basilea. Perché, e qui ci rivolgiamo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è inutile illuderci tenendoci incollati davanti al televisore aspettandoci un aiuto che puntualmente si infrange contro le porte scorrevoli delle banche, dove, in alcuni casi addirittura ci vengono ridotti gli affidamenti”.
“L’agricoltura e gli agricoltori sono al collasso. Continuiamo a pagare i nostri dipendenti che lavorano regolarmente e i nostri fornitori per mandare avanti l’attività nei campi. Dall’altra parte invece non si incassa il vino che abbiamo già venduto prima dell’emergenza in attesa di capire quando e se riaprirà chi deve pagarci. Le aziende che oggi continuano a vendere lo fanno nella grande distribuzione ma sono un numero assai ridotto rispetto alla mole di piccole e medie imprese della filiera vitivinicola che sono alla disperazione -conclude Busi”.
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