Una intera vita dedicata alla medicina, un’esistenza piena di soddisfazioni e di duro lavoro, di viaggi in giro per il mondo a confrontarsi con altri professionisti ed ecco arrivare il riconoscimento della città. Una professione portata avanti come una vera e propria missione. Sarà quindi il professor Rodolfo Bracci (nato a Siena il 10 aprile 1931) a ricevere quest’anno il Mangia d’oro. Proposto dalla contrada della Civetta, sul suo nome è stata raggiunta l’unanimità dei membri del Concistoro: al medico che tanto ha fatto per la pediatria e la neonatologia a Siena viene quindi assegnato il massimo riconoscimento cittadino.
Il professore non ama prendersi troppi meriti. Parla a lungo dello staff con il quale ha raggiunto prestigiosi risultati.
Parla delle sue esperienze passate ed elenca un curriculum nel quale sono presenti lavori importanti portati a termine a New York come a Toronto. Ma il legame ed il richiamo forte e stretto che ha sempre sentito e avvertito verso la città che gli ha dato i natali è stato più rilevante rispetto a qualsiasi idea di andare a trovare ancora più fama in qualche capitale della medicina mondiale. Anzi, Rodolfo Bracci sottolinea, e lo fa con una vena e con uno spirito assolutamente ottimistici e propositivi, come Siena sia divenuta negli anni un centro di rilevanza internazionale dal punto di vista medico.
Professor Bracci, quali emozioni prova nel sapere che il Mangia quest’anno verrà consegnato a lei?
“E’ una cosa inaspettata, le dico la verità. Avevo saputo dell’iniziativa da parte della Civetta, mi fa molto piacere sapere che il Concistoro ha accettato la proposta. Ne sono davvero onorato”.
Il suo curriculum è pieno di esperienze tra l’Italia e l’estero.
“Il mio curriculum è legato alla mia attività professionale, è ciò che ho fatto nella mia vita. Ho avuto un grande maestro, il professor Angelo Tiezzi che era direttore della clinica pediatrica quando mi laureai (nel 1955, ndr). Fu l’artefice della realizzazione della Clinica pediatrica in via Mattioli che era una delle più avanzate in Italia. Da lui ho imparato tantissimo e come succedeva a quei tempi poi seguii il mio maestro a Firenze dopo essere stato un anno negli Stati Uniti (all’Albert Einstein College of Medicine di New York dal 1964 al 1965, ndr)”.
Lei lavorava a Firenze quando ci fu l’alluvione del 1966. Ci racconti come visse quel momento tragico per la città fiorentina e per l’Italia intera.
“Eh sì, ero a Firenze. Ricordo benissimo che andò via la corrente, ne rimasero prive anche tutte le culle dei bambini nati prematuri. Scattò l’emergenza, io corsi alla più vicina stazione dei Carabinieri per chiedere aiuto. Avevamo bisogno di un generatore che doveva arrivarci il più velocemente possibile. Ricordo il lavoro febbrile e il grande intervento degli uomini dell’Arma che ci trovarono questo generatore. Riuscimmo a salvare tutti i bimbi”.
Lei è stato a New York, è stato a Toronto in Canada, ha lavorato all’ospedale di Firenze: ma a quanto pare il suo desiderio è sempre stato quello di tornare a vivere e lavorare a Siena.
“Sì, è proprio così. Io ho viaggiato per lavoro, sono stato all’estero per fare esperienze e anche per convegni ed incontri che riguardano l’ambito medico. Ma è vero quello che lei dice, io ho sempre avvertito questo richiamo forte con la mia città. Io sono nato nella Civetta e ancora oggi ho una casa che affaccia su piazza Tolomei, anche se la gran parte del mio tempo la trascorro in un’altra abitazione a Santa Regina. Dopo gli anni a Firenze sono tornato alla Clinica Pediatrica di Siena e nel 1978 mi è stato affidato l’incarico di direttore dell’unità operativa di Neonatologia. Abbiamo organizzato la terapia intensiva e credo di poter dire che negli anni abbiamo raggiunto risultati ottimi, dato che ci eravamo allineati ai migliori standard internazionali. La struttura si è avvalsa negli anni di grandi professionisti, io sono in pensione da circa dieci anni e oggi i professori Bagnoli e Buonocore stanno portando avanti un lavoro eccezionale e devo dire che sono veramente tanto noti in moltissime parti del mondo facendo onore al nome di Siena. Pochi mesi fa ho ultimato con il professor Buonocore un trattato internazionale di Neonatologia di circa 1500 pagine che si avvale del contributo di 150 esperti di tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Australia. Se non si conoscesse il nome di Siena e la bontà del lavoro svolto nell’ospedale cittadino tutti questi medici non avrebbero aderito a questo progetto per il quale ringrazio anche il rettore Riccaboni che ci ha consentito di presentare il lavoro ultimato nell’aula magna del rettorato”.
Sembra che il suo giudizio sulla sanità senese sia molto positivo.
“E’ così. La mia vita è stata tutta condotta nella sanità e posso dire che ho sempre visto una grandissima voglia di lavorare e una vera passione per la medicina. Questa è la grande forza non solo della sanità senese ma della città di Siena in generale, in vari suoi campi ed assetti. Io conosco bene Siena, il suo ospedale e la sua università. Mio padre è stato rettore dell’ateneo e quindi ricordo anche anni molto lontani nel tempo. Credo che non dobbiamo piangerci addosso sui problemi che in questo momento toccano la città. Pensiamo invece alle tante eccellenze di cui disponiamo e alle strutture che funzionano molto bene, nella sanità come in altro. Le esperienze che ho avuto nella mia vita mi inducono senz’altro all’ottimismo”.
Gennaro Groppa