Secondo la legge le Province cesseranno di esistere quali oggi sono e diventeranno enti di secondo grado con rappresentanti dei Comuni. L’assessore regionale alle riforme e al rapporto con gli enti locali Riccardo Nencini è convinto che indietro il Parlamento non tornerà, “a meno di terremoti”. Al massimo potrebbero cambiare i contenuti relativi alle funzioni. “In ogni caso – spiega – c’è una norma nazionale che è legge e a quella entro la fine dell’anno dobbiamo adempiere”. “La competenza della Regione è piena, ma sarebbe preferibile – confida – decidere chi farà cosa e come distribuire le attuali funzioni attraverso un lavoro comune, confrontandosi attorno ad un tavolo con chi nelle Province in questi anni ha governato”.
L’assessore Nencini lo ha sottolineato stamani partecipando ad un’audizione della commissione “Città metropolitana” della Provincia di Firenze. I primi nodi da sciogliere riguardano le funzioni. Se la scelta naturale è che la programmazione vada alla Regione e la gestione ai Comuni o le unioni di Comuni, forse andrebbe fatta un’eccezione per il trasporto pubblico, la gestione della Fi-Pi-Li ed altre materie da decidere assieme. Ma ci sono anche vuoti normativi, che solo governo e Parlamento possono sciogliere. Come sarà ripartito ad esempio il patrimonio? Chi si accollerà i mutui accesi in questi anni, che sono centinaia di milioni? A chi andranno i 347 milioni di entrate tributarie che oggi finiscono nelle casse delle dieci province toscane, pari ad un quarto dei bilanci? Seguiranno le funzioni oppure no? E poi il personale: quasi 4.800 dipendenti in tutta la Toscana , di cui mille solo per la Provincia di Firenze. Tutte domande che stamani sono rimbalzate attorno al tavolo della commissione provinciale.
“Non c’è tempo da perdere – commenta Nencini – e dobbiamo metterci subito al lavoro, in modo da evitare che la fine dell’anno ci colga impreparati”. Continuando magari a lavorare per la città metropolitana e le aree vaste. “Non ho infatti cambiato idea – spiega l’assessore – Sono convinto ancora che dobbiamo utilizzare tutti i meccanismi legislativi di cui possiamo disporre per dare forma e sostanza alle area vaste”. “Il mio ragionamento – prosegue – nasce da una constatazione di fatto. Lo sviluppo, nel mondo e in Europa, passa dalle città ma la Toscana non ha città di taglio ‘contemporaneo’. L’area metropolitana potrebbe supplire a questa mancanza: fare da volano allo sviluppo necessario ed essere il luogo in cui molti dei servizi si programmano e gestiscono assieme, su scala più ampia”. Una strada obbligata, per l’assessore, se l’obiettivo è quello di essere più competitivi.