Cia – A rischio il futuro degli allevatori e del ‘vero’ pecorino senese

E’ in pericolo il futuro del formaggio pecorino senese. E in primis degli allevatori. Un prezzo del latte ovino in Toscana cha va da 0,72 €/lt a 0,87 €/lt (+ iva), con casi in cui un litro di latte viene pagato anche meno di 72 centesimi iva esclusa. Una forbice – sottolinea la Cia Siena – che non permette neppure la sopravvivenza di una pecora che costa (all’azienda agricola) 1 euro per ogni litro di latte che produce (fra alimentazione, cure generali e burocrazia), senza considerare il costo del lavoro e gli ammortamenti. Il prezzo del latte – denuncia la Cia provinciale –  viene pagato oggi come negli anni Novanta; di contro aumentano a dismisura i costi di produzione (triplicati rispetto a dieci anni fa) per l’azienda agricola. «Serve un nuovo accordo di filiera, per salvare l’allevamento ovino in Toscana. E serve di tutelare il prodotto toscano e senese che deve essere fatto, sempre, solo con latte toscano» commenta Luca Marcucci, presidente della Cia Siena: in Toscana sono presenti oltre 2.000 allevamenti sul territorio regionale, di cui circa la metà nella sola provincia di Grosseto ed il restante, prevalentemente, in provincia di Siena, e poi a Pisa, Firenze, Livorno e Arezzo. In regionesono poi presenti 550mila capi e si producono 45 milioni di litri di latte (ma in Toscana se ne lavorano 80 mln). E’ quanto è emerso a Grossetonell’incontro organizzato dalla Cia Toscana, “Latte ovino toscano: obiettivo accordo di filiera”, che ha visto la partecipazione di oltre 200 allevatori provenienti dalla provincia grossetana e senese e dall’intera Toscana; rappresentanti dei più importanti caseifici toscani, associazioni di prodotto e delle istituzioni locali e regionali.        

 

«Fra i problemi con cui il settore deve fare i conti – ha sottolineato Roberto Bartolini, direttore della Cia Siena – la carenza strutturale per il compartoovicaprino, per il quale non esiste da anni un indirizzo economico con politiche adeguate allo sviluppo e la competitività; una scarsa concentrazione dell’offerta con un approccio disomogeneo al mercato da parte dei produttori del latte; e poi incapacità da parte dell’industria di trasformazione nel ricercare nuovi mercati, nel produrre e commercializzare in funzione della remunerazione del prodotto primario, scaricando sui pastori, tutti gli oneri e le difficoltà della stessa industria». Per Bartolini poi il settore paga «un ruolo ancora insufficiente del sistema cooperativo che non riesce a determinare il mercato e quindi a contrastare efficacemente alcune politiche industriali; e l’insufficiente ruolo delle organizzazioni di prodotto che determina una difficoltà nella concentrazione dell’offerta con il conseguente indebolimento nella fase della contrattazione».  

 

«E’ necessario ed urgente una maggiore tutela della produzione del latte toscano – ha affermato Marcucci – con l’introduzione di specifiche forme di identificazione e tracciabilità del prodotto, con iniziative efficaci di controllo sui requisiti di qualità del latte proveniente da fuori regione o da altri Paesi Ue. Bisogna rafforzare la filiera toscana sostenendo la crescita e il ruolo della cooperazione e delle organizzazioni di prodotto in un’ottica di filiera, e con finalità di programmazione. E poi più promozione verso nuovi mercati; un nuovo rapporto con il sistema distributivo e commerciale, sia per i prodotti lattiero caseari fatti con latte toscano, che per gli agnelli certificati provenienti dagli allevamenti toscani. Inoltre favorire azioni di promozione per la vendita e il consumo della carne di agnello nella filiera corta; sostegno e servizi alle aziende (come lo smaltimento delle carcasse)». E per quanto riguarda la destagionalizzazione del prodotto «ci vuole un progetto strategico che preveda il sostegno pubblico per gli investimenti in azienda (introduzione e miglioramento delle razze allevate, innovazione tecnologica, logistica e impiantistica per la mungitura)».

 

Per la Cia Siena servono azioni per l’implementazione e sviluppo delle tecniche colturali e di allevamento; per il miglioramento degli aspetti qualitativi e sanitari del prodotto; per l’aumento delle produzioni di latte nei periodi stagionalmente sfavorevoli; per il miglioramento degli aspetti commerciali di vendita dei prodotti latterio caseari. «Fra le nostre proposte – ha aggiunto il presidente della Cia Siena Marcucci – l’individuazione della razze allevate più rispondenti alle nuove necessità produttive; l’innovazione su tecnologie, attrezzature, logistica  e impiantistica per la mungitura; nuove pratiche agronomiche e tecniche di allevamento nell’alimentazione animale».   

 

Allarme lupi e cani randagi – Dall’incontro della Cia anche l’allarme predatori. Il danno provocato ai greggi dall’assalto dei predatori – sottolinea la Cia senese – non è circoscrivibile ai capi uccisi, infatti ancor più grave è l’incidenza economica dovuta alle riduzioni di produzione lattiera causata dallo stress (minore produzione che può essere sia temporanea che definitiva) e dall’incremento degli aborti con conseguente perdita sia dell’agnello che del latte. Per la Cia deve essere rivisto il quadro normativo in materia di conservazione della fauna selvatica così da rendere praticabile la convivenza dell’attività economica di allevamento e la protezione sostenibile di specie animali pericolose.