I risultati delle primarie di domenica scorsa sono politicamente inequivocabili e consegnano alla dirigenza nazionale, regionale, e locale del Pd il dovere di fornire risposte adeguate e all’altezza delle istanze poste dai cittadini. Il fatto è che dal risultato delle primarie non si esce se non con il confronto tra quello che i nostri elettori domandano alla politica e quello che i nostri rappresentanti a Roma propongono. Posto di fronte alla possibilità di scelta, l’elettorato del Pd ha optato massicciamente per la discontinuità rappresentata da Matteo Renzi. La partecipazione alle primarie definisce con chiarezza quanto sia attuale il progetto del Partito democratico. E’ significativo infatti che il Pd, tramite Renzi, riesca a incanalare il risentimento e la voglia di riscatto di larghe parti dell’elettorato, perfino in un contesto dominato da un diffuso sentimento antipartitico, segno evidente che la scelta di fare le primarie e di aprirsi alla società è stata una scelta lungimirante. La decisione del nostro elettorato di premiare Renzi nei comuni della provincia di Siena testimonia che le radici di sinistra del nostro territorio non si sentono affatto in pericolo per le proposte politiche del “rottamatore”. Anzi, dimostrano che da sinistra giunge una forte richiesta di rinnovamento, schemi diversi, interpreti più credibili. Il posizionamento dei dirigenti così come il regionalismo hanno importanza secondaria rispetto a scelte di questa portata; basta guardare i risultati nei comuni della Toscana oppure quelli dell’Emilia. E’ soprattutto una questione di tessuto sociale e di rappresentanza politica, almeno nell’Italia centrale.
La speranza di raddrizzare i conti disastrati del nostro Paese sostenendo un governo che doveva coniugare rigore, equità e merito è risultata vana. Le scelte centralistiche fatte a spese dei territori e quelle demandate alle regioni, che si tratti di riordino istituzionale o di riassetto sanitario sono culturalmente discutibili, socialmente problematiche ed economicamente inefficaci. Il sostegno inevitabile all’attuale governo deve dunque accompagnarsi a un progetto che punti ad allargare quanto più possibile il consenso elettorale del Pd. Al contrario, è chiara la sensazione che una vittoria di Bersani alle primarie possa determinare una contrazione dell’elettorato del Partito democratico. La scelta tra la proposta di Renzi e quella di Bersani, entrambe chiaramente di centrosinistra ma con impostazioni diverse su temi quali diritti, scuola, lavoro, immigrazione, cultura, fisco diventa una scelta tra quali e quanti strati della società coinvolgere nel riscatto di questo paese. Per chi crede che il Pd sia e debba rimanere un partito popolare, sostenendo le aspirazioni di quei larghi strati della società che non sono garantiti e potrebbero cercare altrove la loro rappresentanza, sono molto attuali le parole di Sandro Pertini: “Libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile”. Chiediamoci se in questi anni siamo stati realmente capaci di lavorare per questi obiettivi. I risultati di queste primarie ci consentono di riflettere e ci incoraggiano a non adeguarci a un centrosinistra che rischia di non rappresentare adeguatamente i bisogni della società. Il compito del Pd, adesso, è quello di interpretare un messaggio che più chiaro di così non poteva essere, e questo riguarda tutti, renziani e bersaniani.