Cosa c’è dietro al caso del dissidente kazako? Si va avanti tra la richiesta di chiarezza e la richiesta di dimissioni. E la vicenda si infittisce. Ora emerge clamorosamente anche la possibilità di un collegamento con Siena. La Banca Monte dei Paschi entra infatti nel giallo del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov di cui tutta Italia sta parlando nelle ultime settimane. La notizia è stata diffusa dalla Gazzetta di Mantova. E’ difficile capire cosa sia effettivamente successo e perché la moglie del dissidente, Alma Shalabayeva, e la piccola figlia Alua siano tornate “forzatamente” in Kazakistan.
Ora c’è chi ipotizza che dietro al caso politico-diplomatico possano esserci anche interessi economici, mentre prosegue nell’opinione pubblica il dibattito su quali siano state le responsabilità italiane su quanto è accaduto.
“Questioni economiche” Tanti sono i misteri su questo dissidente kazako e l’articolo della Gazzetta di Mantova, se possibile, infittisce ancora di più la storia. L’uomo, infatti, quando si trovava alla guida della Bta, la più grande banca del Kazakistan, avrebbe creato un buco da 10 miliardi di dollari e truffato la banca senese ed altri istituti di credito italiano. “La Banca Agricola Mantovana e Monte dei Paschi di Siena – si legge in questo articolo – entrano, seppure indirettamente, nell’affaire kazako, ovvero l’espulsione della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, forzatamente rimpatriate il 31 maggio dopo un blitz di polizia a Roma e consegnate alle autorità di Astana. La novità è che dietro questa operazione che ha rischiato di fare cadere il governo italiano potrebbero nascondersi degli interessi economici. Il tutto è legato al fatto che Ablyazov, uomo d’affari e in passato presidente della Bta, la banca più importante del Kazakhistan, è accusato di avere messo in piedi una colossale truffa da dieci miliardi di dollari ai danni di alcune banche, tra cui otto italiane”.
Tra queste otto ci sarebbe anche la Banca Monte dei Paschi di Siena: “E il sospetto è che dietro al blitz di Roma – si legge ancora nell’articolo – potrebbe esserci stata la guerra delle banche. L’operazione di Roma, secondo l’ipotesi che ora si rafforza, potrebbe essere stata una mossa per cercare di stanare Ablyazov, che era già scappato dalla Gran Bretagna nononstante questo gli facesse perdere lo status di rifugiato. L’accusa di truffa nei confronti di Ablyazov emerge nei mesi successivi al febbraio 2009, quando si scopre il buco nei conti dell’istituto bancario e che, da presidente, Ablyazov aveva concesso ‘ingenti prestiti a enti impossibili da individuare, spesso senza garanzie’. Il sospetto è che questi enti fossero di proprietà di Ablyazov stesso. Sarebbero proprio gli atti raccolti a rivelare che tra i creditori che a livello internazionale erano state vittime delle frodi sarebbero presenti Unicredito italiano, Banca popolare di Vicenza, Banca Mps, Mediobanca, Bam, Bnl, Antonveneta e Banca Ubae. Tutte insieme hanno ottenuto il sequestro dei beni di Ablyazov”.
Gennaro Groppa