“E’ il momento di fare chiarezza e trasparenza sulla Fondazione Monte dei Paschi: sono stanco come senese e cittadino, prima ancora che come candidato a sindaco, delle notizie fuorvianti intorno a Palazzo Sansedoni”. Questo il commento di Eugenio Neri, candidato a sindaco di un ampio schieramento di liste e movimenti civici, dopo la pubblicazione della bozza di revisione dello statuto della Fondazione e la decisione di vendere lo 0,77% del capitale della banca che ha fatto scendere Palazzo Sansedoni al 34,17% di Rocca Salimbeni.
Una cessione di quote che la Fondazione ha comunicato di aver effettuato per necessità di cassa: “Al di là delle contingenze della Fondazione, quello su cui è necessario fare chiarezza riguarda le strategie future di Palazzo Sansedoni per sapere se esistano o meno e nel caso da chi siano state decise. Cosa intende fare infatti la Fondazione con la liquidità portata dalle cessioni? Non voglio pensare che da questa dismissione derivino anche i gettoni per i componenti della deputazione che farebbero bene, non solo a non toccare un euro, ma a costituire con i loro pregressi lauti introiti un fondo di solidarietà per le famiglie e le aziende in difficoltà di questa città. E’ bene, inoltre, fare chiarezza anche sul potere di veto della Fondazione: ancora non è perso ma se lasciamo Palazzo Sansedoni nella mani di chi l’ha governato fino ad oggi si rischia di trovarsi ben presto sotto quel 33% che significa la scomparsa di ogni traccia di senesità nelle future scelte di Banca Monte dei Paschi. Non solo, ma il futuro che si prospetta è ancora peggiore: la Fondazione rischia di scendere fino a una quota fra il 10 e il 15% che ovviamente non consentirà di garantire nulla alla città. Per questa ragione ogni discussione sul mantenimento della Direzione Generale a Siena è fuorviante: quello che interessa i senesi non è la geografia della futura sede legale, ma dei centri decisionali. Ridurre Siena a una mera sede di rappresentanza significa la perdita di posti di lavoro, diretti e indotti, e ulteriori difficoltà per assicurare credito al territorio”.
Un’analisi che si intreccia con le proposte di modifica allo statuto. “Oggi ci vengono a dire che attraverso le modifiche allo statuto ci sarà un allentamento della presa della politica sulla Fondazione. Non accettiamo un simile inganno: siamo di fronte a una ‘desenesizzazione’ di Palazzo Sansedoni che servirà soltanto a spostare l’influenza politica sulla banca verso altri centri, a seconda di chi saranno i nuovi soci forti dentro il Monte dei Paschi. E’ dunque evidente che la Fondazione deve immediatamente congelare l’iter di modifica dello statuto in attesa del nuovo consiglio comunale. L’assenza degli organismi democraticamente eletti non può essere un’occasione per tenere fuori parti importanti della città dalle scelte future della Fondazione”.
“Nel testo della Fondazione, inoltre, non sono (volutamente) declinati i meccanismi di governance della Deputazione Generale, rinviando il tutto ad una ‘consultazione popolare’. Chi garantisce sulla correttezza della consultazione? Chi verifica quali e quante sono le proposte arrivate? Chi è titolato a rispondere e come verranno valutate le proposte? Sembra un meccanismo populista e poco trasparente, nonostante si voglia far passare per democratico”.
Per queste ragioni, Neri torna a ribadire la necessità di un passo indietro degli attuali vertici della Fondazione. “Il presidente Gabriello Mancini e tutta la deputazione, che ora si sente legittimata a proporre le modifiche statutarie, sono gli stessi che hanno indebitato la Fondazione pur di restare al del 51% della banca, portandola sull’orlo del fallimento e con i creditori alla porta. E ora non ci vengano a ripetere, come hanno fatto finora, che ‘abbiamo fatto quello che ci avevano detto di fare’ perché si tratterebbe soltanto della riprova che non possono essere loro quelli titolati a riformulare lo statuto da proporre al Ministero. L’unico atto che ci aspettiamo da loro è infatti quello delle dimissioni in blocco dai vertici della Fondazione Monte dei Paschi”.