In questi giorni nei quali la nostra città è continuamente al centro delle cronache nazionali per episodi negativi si corre il rischio di chiuderci in noi stessi, di metterci sulla difensiva e di ripiegarci, come fa il pugile travolto da una serie di colpi a cui non può e non sa reagire. E così diventa forte la tentazione di affrontare la tempesta aggrappati a fragili distinguo, sacrosanti intendiamoci, perché non c’è nulla di più sbagliato che gettare fango su tutti indiscriminatamente, confondendo così le diverse responsabilità. Sacrosanti, ma pur sempre fragili. Io credo invece che, mentre questo fuoco di fila ci incalza, la nostra via d’uscita sia quella di far seguire ad una seria analisi delle responsabilità un deciso cambio di passo. Il cambio di passo che io vorrei vedere nella mia città è semplice e rivoluzionario insieme: io vorrei che si tornasse a porre il merito come elemento di discrimine per la selezione della classe dirigente, per l’individuazione degli incarichi di responsabilità, per tutti quei ruoli che sono troppo a lungo divenuti luoghi dove ci si è avvantaggiati della propria posizione per se stessi, piuttosto che essere a servizio di uno scopo, di un lavoro da fare bene. E insieme al merito vorrei che tornasse di moda uno stile, che per generazioni è stato la cifra di Siena, e che proverei a definire sobrietà. La selezione basata sul merito è stata in grado di costruire e mantenere le prestigiose istituzioni di cui Siena è stata fiera per secoli, e di cui può e deve tornare ad essere fiera: l’Università, il policlinico, la banca. Noi abbiamo ancora in noi stessi, nel tessuto vivo della nostra società, le risorse per un vero riscatto, basta solo che le vogliamo liberare. La nostra università ha sfornato e laurea tutt’ora giovani persone competenti, capaci di professionalità di tutti i tipi; per troppo tempo però i curricula non sono stati il mezzo per decidere chi fossero quelli su cui puntare. Le relazioni e l’aggregazione sono un’altra nostra grande forza: la nostra città è famosa anche per questo, perché possiede una rete di relazioni umane incredibilmente ricca; si tratta delle contrade e delle tante associazioni di cui si compone la nostra società, luoghi vivi, veri, che esisteranno a prescindere dai finanziamenti della Fondazione. Io credo che l’intelligenza, da sempre motore rivoluzionario, e le buone idee che esistono, e ce ne sono tante, che nascono dal tessuto vivo della nostra città, siano la nostra speranza, il nostro orizzonte. Dobbiamo tornare a guardarlo con fiducia, consapevoli che questo momento richiede da parte di tutti noi un impegno straordinario. Lavoro, capacità e serietà: dovranno essere questi i principi ispiratori delle scelte che io mi aspetto da ora in avanti. Dovrà cambiare il modo di sostenere lo sviluppo, il modo di reperire risorse, di valutare e valutarsi, il rapporto tra economia e cultura, e tra cultura e governo. Siena è una città di cultura diffusa e può divenire un modello di società creativa, in grado di rinnovarsi partendo dai luoghi che la rappresentano. Io penso che così la nostra città, pur ferita ed umiliata, si possa rialzare con l’aiuto e la volontà di ciascuno di noi. La politica, che ha gravi responsabilità, dovrà fare la sua parte: e dovrà farla con “spirito di servizio”. Per questo è importante andare a votare per il Partito democratico, un partito fatto da persone al servizio della comunità di cui si sentono parte e con cui condividono radici culturali e politiche. A Siena come a Roma il nostro obiettivo è costruire un’Italia più giusta attraverso politiche innovative, riforme, partecipazione. Bisogna pensare, progettare, fare. Portare a casa risultati, giorno dopo giorno. Per farlo non bastano buoni propositi: si deve agire adesso!
Luigi Dallai,
candidato del Pd alla Camera dei deputati