Provincia di Siena, convegno “Sfide locali per l’integrazione”: i migranti sono una risorsa, tante idee per la pacifica convivenza di culture diverse

“La crisi economica fa regredire la qualità della vita e genera paure, ma noi vogliamo reagire: in questa provincia in cui l’immigrazione non ha mai costituito un problema, dobbiamo provare a costruire una base comune minima sulla quale far vivere il pluralismo tra culture diverse, si possano realizzare valori condivisi. E le proposte elaborate dalla Rete degli Osservatori Sociali per lanciare concretamente sfide locali per l’integrazione, sono idee importanti che meritano di essere applicate”.

Questa, secondo Simone Bezzini presidente della Provincia, è la missione che si è data il convegno svoltosi giovedì 15 marzo per iniziativa della Provincia di Siena, della Regione Toscana, dell’Osservatorio Sociale Regionale e dell’Università di Siena, dal titolo appunto “Le sfide locali per l’integrazione”. Un appuntamento diviso in due e che ha visto un’alta partecipazione di addetti ai lavori, studenti e immigrati, i più direttamente interessati. La mattina, nell’aula magna di Scienze Politiche,  la presentazione del libro “Le dinamiche locali dell’integrazione”, scritto da Fabio Berti e Andrea Valzania, sociologi presso l’ateneo senese, e gli interventi di amministratori pubblici, operatori nel sociale e rappresentanti di associazioni di migranti; il pomeriggio un dibattito nella sala consiliare della Provincia, presenti lo storico Franco Cardini, l’assessore regionale al welfare Salvatore Allocca, l’Imam di Firenze e presidente UCOII Elzir Izzedin e Otto Bitjoka della Fondazione Ethnoland, insieme al giornalista Daniele Magrini. Ecco,  in cinque punti, le proposte presentate dalla Rete degli Osservatori. Primo punto, l’insegnamento della lingua italiana agli adulti e ai giovani immigrati. Secondo punto, il potenziamento del capitale sociale  valorizzando i legami con i paesi di origine anche attraverso esperienze di cooperazione decentrata,   promuovendo lo sviluppo di associazioni degli immigrati e il loro inserimento nel mondo associazionistico locale , dai circoli Arci alle Misericordie, infine facilitando l’apertura di luoghi di culto con la semplificazione delle procedure urbanistiche. Terzo punto, utilizzo delle proposte urbanistiche per l’integrazione riqualificando e rivitalizzando aree degradate troppo spesso abitate solo da immigrati e recuperando centri  di aggregazione e spazi pubblici. Quarto punto, inserimento scolastico e contrasto alla dispersione formando e motivando gli insegnanti, disincentivando classi e  scuole caratterizzate etnicamente, facendo attività di orientamento per il passaggio dalla scuola dell’obbligo alle superiori, promuovendo azioni di tutoring a favore di studenti stranieri in difficoltà. Quinto e ultimo punto, accesso ai servizi pubblici con uno sportello informativo per ogni zona sociosanitaria, servizi di mediazione culturale, informazioni sui servizi sanitari, un aiuto ai medici perché superino problemi di comunicazione con l’utenza straniera.

“Da questa provincia che ha visto aumentare la presenza di immigrati in dodici anni dal 4% sul totale della popolazione, dato del 2002, al 12%, dato attuale – ha dichiarato Simonetta Pellegrini assessore provinciale al welfare – parte la sfida per realizzare un’integrazione che non sia risoluzione di problemi socioassistenziali ma valorizzazione di una componente essenziale della società. Noi diciamo no a un processo di assimilazione a senso unico, vogliamo invece un confronto tra etnie e culture diverse, rispetto reciproco, e naturalmente la garanzia dei diritti fondamentali per chi cerca un futuro nel nostro territorio”. Dove è importante giocare la partita anche secondo l’assessore regionale Salvatore Allocca: “Dobbiamo pensare globalmente ma agire localmente, lavorare insieme, noi che qui viviamo da sempre e chi è appena arrivato, per il riconoscimento dei diritti e per costruire il processo di adattamento che la modernità ci impone. In una società toscana che sta invecchiando, l’apporto di nuove generazioni di migranti è importante, e non si tratta solo di disperati, come si crede comunemente, ma di giovani selezionati dalla loro capacità di intrapresa, che daranno un apporto economico e demografico fondamentale. La legge regionale 29 sull’immigrazione è un buon punto di partenza”.

Per l’Imam di Firenze Elzir Izzedin i migranti devono assumersi responsabilità in prima persona, non delegare la verità agli altri, ma abbattere vecchi stereotipi e costituire un modello di riferimento per le generazioni che verranno, solo così sarà possibile costruire culture dialoganti nel rispetto reciproco. Otto Bitjoka della Fondazione Ethnoland da parte sua ha detto che più che di integrazione si deve parlare di interazione tra mondi diversi, per uscire dalle vecchie logiche delle maggioranze e delle minoranze etniche, e che a proposito dei luoghi di culto esistono in tante città strumenti urbanistici ottimi, ci vuole la volontà politica per dar loro applicazione, per far sì che la realizzazione di una moschea sia un momento di coesione sociale, non di scontro. Infine l’appello dello storico Franco Cardini: “Centocinquant’anni dopo Karl Marx, i proletari non si sono uniti, ma i padroni sì, indirizzano l’economia e fanno e disfanno i governi che vogliono loro. L’imperativo ora è evitare la guerra tra poveri, italiani ed extracomunitari, e costruire un’integrazione che salvi le differenze e le faccia convivere, perché la cultura degli altri non scalfisce la nostra, semmai l’arricchisce”.