La crisi ha penalizzato l’Italia anche nella produzione dell’alluminio ma dalla metallurgia dei non ferrosi potrebbe ripartire il settore. E’, in estrema sintesi, quanto emerge dallo studio dell’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena dedicato al settore. L’Italia, con un consumo annuo di 1 milione 300mila tonnellate di alluminio grezzo e oltre 1600 aziende interessate è seconda soltanto alla Germania in Europa occidentale, ma soffre sul lato manifatturiero a causa della ristrutturazione industriale volta a ridurre la capacità produttiva. Caso eclatante è la sofferenza dell’unico polo di produzione di alluminio primario nazionale, quello di Portovesme in Sardegna, che comprende gli stabilimenti di Euroallumina e di Alcoa.
Il massimo storico nel consumo di alluminio grezzo in Italia era stato di 2 milioni e 100mila tonnellate nel 2007: in soli sei anni calo complessivo è stato di poco meno del 40%: un vero e proprio shock al quale l’industria italiana sta cercando con fatica di adattarsi.
Questo a fronte di un trend mondiale che ha sempre visto i consumi di alluminio crescere anche durante gli ultimi anni, consumi che secondo gli specialisti potrebbero raggiungere la cifra record di 64 milioni di tonnellate nel 2017.
La situazione delle imprese italiane operanti nel settore dell’alluminio è rappresentativa dell’intero comparto dei metalli non ferrosi, che comprende anche rame, zinco, piombo, nickel e stagno, comparto che ha risentito nel suo insieme della crisi essendo legato all’andamento del ciclo economico.
L’indice sui metalli non ferrosi MPS-NFM (Non Ferrous Metals) messo a punto dal settore research di MPS risponde all’esigenza di descrivere l’andamento dei non ferrosi nel loro insieme sul mercato domestico e mette in evidenza la debolezza dei prezzi in Italia durante tutto il 2013.
Il minimo (3392) era stato raggiunto nel giugno dello scorso anno e da allora i prezzi si sono stabilizzati poco sopra tale livello, a dimostrazione del fatto che la congiuntura continua ad essere critica.
Grazie alle sue caratteristiche di morbidezza, leggerezza e resistenza all’ossidazione, le applicazioni di questo metallo sono davvero molto vaste. Quella dell’alluminio è una catena produttiva di grande interesse in Italia, che comprende aziende che operano in varie tipologie di lavorazioni: estrusioni, serramenti, pannelli, trasporti, contenitori per uso alimentare, cavi per il trasporto dell’elettricità, meccanica e parti destinate al settore edilizio nazionale. E’ un comparto che è stato colpito particolarmente dal calo della domanda che ha avuto luogo dal 2009 in poi. L’alluminio è usato anche in altri settori nei quali l’industria nazionale eccelle, come quello dei motori in alluminio (che si sono via via imposti per prestazioni e leggerezza) dell’aerospazio, delle ottiche per strumenti di precisione, fino al settore sportivo.
In prospettiva si rilevano margini di crescita soprattutto in due settori dove l’Italia ha raggiunto una posizione d’avanguardia: le costruzioni ingegneristiche avanzate di grandi dimensioni (ponti, strutture verticali, aeroporti, strutture modulari) e l’industria del riciclo, dove il nostro paese è addirittura terzo nel mondo dopo Stati Uniti e Giappone.
Il riciclo dell’alluminio in Italia coinvolge oltre 200 aziende consorziate con 35 mila addetti, produce circa 1 milione di tonnellate di metallo all’anno – in gran parte destinate all’esportazione- ed è una pietra angolare fondamentale per tutta la “Green Economy” europea: si pensi solo che questa attività ha permesso di risparmiare nel 2010 in Italia 160 mila tonnellate di petrolio (che sarebbero state necessarie per produrre alluminio primario) e ha evitato l’emissione di 371 mila tonnellate di anidride carbonica.
Se il processo di ristrutturazione che è ancora in corso sarà completato con successo, l’Italia avrà tutti i presupposti affinchè l’industria nazionale dell’alluminio possa ripartire nei prossimi anni e fungere da volano anche altri settori manifatturieri.