«Il recente comunicato della coalizione di centrosinistra che ha appoggiato il sindaco Ceccuzzi, relativo alla vicenda MPS, contiene alcune affermazioni importanti che vale la pena riprendere».
Bruno Valentini, sindaco di Monteriggioni, interviene sul futuro della Banca Monte dei Paschi di Siena, sulle scelte di gestione passate, sulle possibilità di rilancio della Banca stessa e dell’intero territorio.
«In primo luogo una tardiva ma responsabile operazione-verità sui danni incalcolabili generati da un’ambizione di sterile gigantismo che, prima con l’acquisizione di Banca 121 e poi soprattutto con quella di Antonveneta, hanno dilapidato risorse non ricostituibili, danneggiando fra l’altro anche qualcuno di cui non si parla mai come i piccoli azionisti che avevano creduto nei progetti di crescita di MPS. Nel perseguire questa miope strategia Banca MPS non è stata sola, perché anche altre grandi banche italiane e straniere (persino il Banco di Santander, che a suo tempo realizzò in tre mesi una clamorosa plusvalenza proprio su Antonveneta, travolto dallo scoppio della bolla speculativa del mercato immobiliare spagnolo) stanno duramente pagando l’azzardo di operazioni finanziarie messe a nudo dall’esplosione della grande crisi. Evidentemente questa è una patologia sistemica, che può essere rimossa solo rimettendo al centro del futuro dell’Europa l’etica del lavoro, dell’impresa, dell’innovazione, del governo democratico dei mercati secondo criteri trasparenti e di interesse pubblico. L’allargamento della rete commerciale di Banca MPS, in particolare al Nord, era un obiettivo valido a condizione, però, che si fosse contemporaneamente investito nelle nuove forme di servizio agli utenti e cioè nell’internet banking (come infatti si sta adesso profilando, con grave ritardo, addirittura con la probabile chiusura di 400 sportelli poco redditizi) e soprattutto se i capitali necessari si fossero trovati sul mercato oppure ricorrendo a scambi azionari, utilizzando le azioni MPS».
«Qui ha giocato un malinteso orgoglio municipalistico. La bandiera anche culturale del 51% ha caricato sulla Fondazione troppi compiti: sostenere le strategie di espansione di Banca MPS da soli ed a tutti i costi anche indebitandosi oltre ogni ragionevole cautela; distribuire utili, su Siena e fuori Siena; realizzare progetti propri, spesso molto costosi; contando su futuri dividendi che si sono improvvisamente inariditi per il precipitare della crisi congiunta dell’economia reale e dei debiti sovrani dell’area euro, senza disporre di un piano B, di un piano di riserva. È oggi chiaro che non si poteva provare ad essere una delle maggiori banche nazionali e d’Europa, contando sostanzialmente su un solo azionista, senza spazi di manovra, ubicato in una piccola città insidiata dai circuiti del potere che conta. Vista la situazione nella quale ci siamo cacciati, ritengo sia stato un piccolo capolavoro (che personalmente avevo già auspicato) aver trovato un punto decisivo d’appoggio nello Stato, che è l’unico soggetto che può dare a Banca MPS, che è potenzialmente ancora una grande ed efficiente impresa, il tempo di tentare di tornare ad essere redditizia, di autofinanziare il proprio rafforzamento patrimoniale e quindi di restare autonoma».
«Il secondo spunto di rilievo del documento del centrosinistra riguarda i 30mila lavoratori del gruppo MPS, già pronti ad una vertenza che si preannuncia aspra, con il condivisibile auspicio del rilancio del merito, di non perdere posti di lavoro, della salvaguardia dei diritti. In questi ultimi anni il personale della banca ha effettivamente sofferto un degrado motivazionale. L’attaccamento ai colori aziendali è sempre stato un valore aggiunto di MPS, che non significava solo attaccamento alla ditta, ma anche rispetto per la clientela. Tre strumenti, introdotti da avanzate lotte sindacali, che garantivano questa qualità erano i concorsi per l’assunzione, i regolamenti interni per i trasferimenti e la promozione a funzionario. In pratica, essere assunti, trasferiti o promossi non dipendeva dalla discrezionalità ma da criteri e competenze oggettive. Da un certo punto in poi, questi meccanismi si sono indeboliti e si è fatto più ampio lo spazio della discrezionalità aziendale. Si sosteneva che quelle regole erano un impedimento alla competitività. L’allentamento dei severi meccanismi di controllo, invece di favorire la managerialità ha aperto varchi al rigonfiamento degli organici ed al clientelismo e conseguentemente al peggioramento della professionalità ed al riconoscimento di incentivi retributivi staccati dai risultati. Anche in banca va attuata la spending review preannunciata per la pubblica amministrazione, perché di sprechi ce ne sono ancora tanti, troppi. Credo comunque che un sindacato moderno debba interessarsi sempre all’andamento della propria azienda senza farsi invischiare nella trappola della cogestione, non debba limitarsi a rivendicare solo l’equità (sacrifici proporzionati per tutti) bensì reclamare incessantemente ed in modo propositivo l’efficienza della banca, alleandosi con i cittadini proponendo una banca diversa e più trasparente, che funziona meglio, eroga credito e servizi utili a costi accettabili. E’ chiaro che il drenaggio della liquidità nazionale causato dal buco nero del debito pubblico, prosciuga l’acqua dove si muovono le banche nazionali e quindi la salvaguardia del business MPS passerà attraverso un riposizionamento epocale delle attività, caratterizzato dalla riduzione dell’intermediazione creditizia tradizionale, che non potrà avvenire senza una convinta adesione dei dipendenti, un patrimonio che l’attuale management non può disperdere».
«Sul piano politico, nelle prese di posizione istituzionali lette in questi giorni sulla stampa, di appoggio senza se e senza ma al nuovo piano industriale presentato dal CdA di Banca MPS non ho trovato quella cautela che sarebbe stato più saggio assumere dopo le ultime esperienze, per mettere alla prova dei fatti il nuovo management ed anche per concretizzare l’esigenza tante volte reclamata di autonomia e distinzione di ruoli di ogni soggetto coinvolto. Infine, un accenno alla ricaduta della vicenda MPS sull’intera provincia di Siena. Il sistema degli Enti Locali e dell’associazionismo farebbe un errore se si interessasse solo alla parte relativa alla Fondazione ed all’erogazione degli utili (dai quali dovremo, per forza di cose, prescindere), tralasciando l’enorme implicazione dell’attività dell’azienda di credito, per il sostegno allo sviluppo, per gli acquisiti di beni e servizi, per il peso specifico del personale diretto ed indiretto. La Fondazione è un’invenzione recente, che talvolta è stata male indirizzata da cattivi maestri finendo per alterare le vere priorità e diseducare a vivere e funzionare con sobrietà ed efficienza, ma la banca è storia secolare, è vero tessuto economico ed imprenditoriale, è il carburante della progettualità. Il confronto politico e sociale sul futuro di Banca MPS deve allargarsi oltre i confini della città di Siena, all’intera provincia, con forme necessariamente innovative che tengano conto delle incognite che gravano sull’Amministrazione Provinciale, altro Ente nominante, per le incombenti ipotesi di accorpamento/trasformazione avanzate da Governo e Regione».